Gianfranco Rotondi: "Non si può ridurre la politica ad un criterio quantitativo"
Quanto lavora un onorevole? La furia antiparlamentare sta già nella domanda: ridurre la politica a un criterio quantitativo già mostra una incomprensione delle categorie della politica. Ma tant'è: sono dieci anni che la stampa italiana crocifigge il Parlamento col consenso di chi lo rappresenta, vedi la Boldrini che a forza di carezzare il pelo all'anticasta è divenuta una barzelletta. La domanda corretta è: dove lavora il parlamentare? La risposta è: ovunque, h 24, senza pause, feste, legittime sospensioni. Una sospensione me la ero concessa oggi, di un'ora, e ho trovato sette chiamate che mi ordinavano la stesura di questo pezzullo. Già, questo pezzo è lavoro parlamentare, come la cena che mi attende con una rappresentanza di onesti lavoratori che lo Stato tiene part time ormai da tempo immemore. È lavoro parlamentare la guida di notte nel collegio elettorale costata la vita a Gianni Panetta, a Buonanno e a tanti altri colleghi; è lavoro parlamentare lo studio delle norme scritte da altri colleghi e quasi mai esonerate dalla necessità di correzioni, aggiustamenti. È lavoro la cupezza della vita di partito, dei partiti di oggi, dove all'adrenalina dei congressi si è sostituita la naftalina delle frasi fatte ma la lotta politica è uguale sempre. È lavoro l'ascolto dei bisogni delle persone, le giornate in segreteria a consolare le afflizioni non potendo più offrire le soluzioni. È lavoro anzi tensione indescrivibile la fatica di nuotare negli equilibri sempre incerti e spesso proditori delle trame di partito. Quante ore dura tutto ciò? Ventiquattro, senza sconti, come sa chi condivide il letto con un eletto del popolo che ha sempre il cellulare connesso e la testa occupata. In un paese stroncato dalle leggi in cui l'esigenza è quella opposta, e cioè delegificare, credetemi: il parlamentare più produttivo è quello che non aggiunge niente alla selva di norme che già ci sono. La risposta del nostro direttore Gian Marco Chiocci Caro Rotondi, le fa onore la difesa a oltranza della categoria (che non ci piace definire Casta) e molte delle sue osservazioni appaiono sacrosante. Ma se è vero che il lavoro di un politico non si misura dalla quantità ma dalla qualità, concorderà che i risultati, per il Paese, non sono certo lusinghieri anche per lo scarso impegno dei suoi colleghi . Qualora fossero tutti come lei, onorevole, l'antipolitica non avrebbe ragion d'essere. E purtroppo, per dirla con Weber, nel dualismo tra il vivere «per la politica» e il vivere «di politica», il secondo ha ormai stravinto sul primo.