Il governo Gentiloni incassa la fiducia: 368 sì e 105 no
M5S e Lega non partecipano al voto. Il discorso del nuovo premier in un'aula semivuota: ""È un esecutivo di responsabilità". Poi l'attacco ai Cinque Stelle: "Il Parlamento non è un social network"
Con 368 sì e 105 no il governo Gentiloni incassa la prima fiducia alla Camera. Rispetto al suo predecessore, il nuovo premier registra uno scarto di dieci voti in meno. Il 25 febbraio 2014 Matteo Renzi ottenne 378 sì e 220 no (più un astenuto). Mentre i no di Gentiloni sono soltanto 105. Esistono però delle differenze. Due anni fa i presenti in aula erano 599, questa volta sono 473. Non hanno voluto partecipare al voto 91 deputati del M5S e 19 della Lega, oltre a quelli di Ala e di Noi di Scelta Civica - fra i quali l'ex viceministro dell'Economia Enrico Zanetti - Grazie all'Aventino, anche la soglia della maggioranza per Gentiloni si è abbassata, attestandosi a 237. La prova più dura però sarà quella di domani al Senato, dove i numeri della maggioranza sono più risicati. Su un totale di 320, il governo Gentiloni può contare su 161 voti favorevoli anche senza Ala di Denis Verdini e senza tenere conto dei senatori a vita e del gruppo Misto che al suo interno ha vari orientamenti. Non parteciperanno Lega e M5S che, tuttavia, saranno presenti al momento delle dichiarazioni di voto. Il neo premier si è presentato questa mattina a Montecitorio per il suo discorso. "È un governo di responsabilità nato con il fine di garantire la stabilità delle istituzioni" ha esordito in Aula, precisando che l'esecutivo "dura fin quando ha la fiducia del Parlamento". Alle parole del premier scatta il primo applauso, ma sono tanti i banchi lasciati vuoti da verdiniani, leghisti e pentastellati. E proprio sulla centralità delle aule, Gentiloni torna alla fine del suo discorso quando invita a "farla finita con l'escalation della violenza verbale nel nostro dibattito politico: il Parlamento non è un social network". In poco meno di 20 minuti il premier spiega all'assemblea di Montecitorio le priorità del suo esecutivo. Si riparte dall'agenda che è stata di Matteo Renzi di cui rivendica i risultati raggiunti ed elenca quelli ancora da ottenere. In particolare quel "ceto medio disagiato" rappresentato fra gli altri dalle partite Iva. Secondo il premier, sono state "date risposte non sufficienti alla parte più disagiata classe media. Dobbiamo difendere quei ceti disagiati che si sentono sconfitti da certe dinamiche", sottolinea. Poi, ancora, la legge elettorale. È "urgente rendere omogenea quella della Camera con quella del Senato, ma non sarà attore protagonista sulla nuova proposta, pur non restando a guardare". È questa la sottolineatura che fa seguito alle parole già pronunciate al Quirinale dopo aver ricevuto l'incarico. Spetterà a deputati e senatori la responsabilità di promuovere e cercare intese efficaci. Sul tavolo, i dossier economici, con palazzo Chigi che si dice "pronto ad intervenite per garantire gli istituti bancari e i risparmi dei cittadini. L'Italia - evidenzia - è una economia forte, non è aperta a scorribande ed ha smentito in modo molto chiaro le profezie di apocalissi che qualcuno aveva fatto in caso di questo o quell'esito del referendum. Bisogna però fare di più per incoraggiare la ripresa e "il Mezzogiorno, dalla cui modernizzazione può venire la spinta più forte per la crescita della nostra economia". Per questo è stato dedicato al Sud un ministero ad hoc, che non sarà soltanto di facciata. Il primo impegno del premier - che ieri sera ha ricevuto da Matteo Renzi insieme alla tradizionale campanella anche la felpa di Amatrice - sarà sugli interventi per la ricostruzione post terremoto. Gentiloni riserva, infine, l'ultimo passaggio alle forze politiche di maggioranza e opposizione, nonostante Lega, M5S e Ala non siano in Aula e abbiano deciso di non assistere al discorso programmatico del nuovo Governo. Il presidente del Consiglio chiede discontinuità almeno nel confronto pubblico. "Ne avremmo bisogno e sarà uno dei miei impegni maggiori, sul piano personale - assicura - Non ci rivolgeremo a quelli del Sì contro quelli del No, ma a tutti. Il governo - insiste - si basa su una maggioranza, rispetta le opposizioni e chiede rispetto per le istituzioni. La politica e il Parlamento sono il luogo del confronto dialettico, non dell'odio e della post verità - conclude - Chi rappresenta i cittadini non deve diffondere paure".