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Nel Pd si accendono i giochi tra le correnti interne e si apre l'asse Franceschini-Orlando

Katia Perrini
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Il bivio tra governo a tempo e governo di legislatura riapre la partita tra le correnti del Partito Democratico, attraversate da rancori e sospetti incrociati. Parlamentari della maggioranza dem non nascondono la preoccupazione nel vedere riaprirsi i giochi tra le correnti interne. In particolare, è l'attivismo di Dario Franceschini e dei Giovani Turchi a insospettire i renziani. Manovre che fanno pensare alla preparazione di un asse anti Renzi da allargare, eventualmente, anche a Sinistra è cambiamento, l'area che fa capo a Maurizio Martina e che può contare una cinquantina di parlamentari e circa dieci membri della direzione. Questa lettura, tuttavia, non convince, ad esempio, l'ala bersaniana del partito: "Loro due contro Renzi? Li voglio vedere...", sorride un esponente di primo piano della minoranza dem: "Franceschini e Orlando sono due ragazzetti, non proprio di primo pelo, che abbiamo visti più volte pronti a partire lancia in resta, o descritti come tali, che poi sono rimasti li'. E' come nel ciclismo: se qualcuno parte, si vede". Che si tratti o meno di un'opa sul Pd, la manovra di avvicinamento di Franceschini ad Andrea Orlando è "sotto gli occhi di tutti", sottolinea un esponente della maggioranza Pd. Ma al momento sembra più una cordata a favore di un governo di legislatura contro un governo a tempo, Aggiunge. Il ministro dei Beni Culturali è considerato da molti il pontiere con il Quirinale, colui che è stato capace di convincere Matteo Renzi a tenere aperta la porta di un governo politico a guida Pd che arrivi al termine naturale del 2018. Tuttavia, la condizione posta da Renzi suona più come un "no, grazie" che come un "vediamo". Un "governo con tutti", infatti, sembra al momento un'idea di difficile attuazione: dal Movimento Cinque Stelle alla Lega, passando per Fratelli d'Italia chiedono che si vada al voto al più presto. Anche prima del pronunciamento della consulta, nel caso della Lega. Forza Italia, con Giovanni Toti, si dice indisponibile a una "socializzazione della sconfitta" al referendum e chiede un governo a tempo, con il solo scopo di portare il Paese al voto. Alla terza ipotesi, quella di un reincarico del segretario Pd, sembra non credere nessuno. Renzi, spiegano fonti della maggioranza dem, non vuole passare un giorno in più a palazzo Chigi senza essere passato per il voto: sa bene che verrebbe quotidianamente attaccato da chi lo accusa di non voler portare l'Italia al voto. Dall'altro lato, sa anche che il 40 per cento al referendum rappresenta una sua sconfitta, ma anche un consenso che appartiene solo a lui, per come ha impostato la campagna elettorale. La tentazione di capitalizzare quel 40 per cento con le elezioni rimane forte. Su un eventuale reincarico di Renzi interviene il deputato della minoranza Pd, Roberto Speranza: "Renzi ha detto che non è disponibile ad un reincarico" a Palazzo Chigi "e io credo nella parola di Renzi", spiega: "Non ho mai chiesto le dimissioni di Renzi, poteva non dimettersi. Oggi che si è dimesso, mi sembra difficile far finta di niente. Sono d'accordo sul fatto che bisogna cercare una soluzione con tutti gli altri partiti", ma "non credo che gli altri siano tutti disponibili".

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