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Già partito il totonomi per il post-Renzi Tocca a Padoan?

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La palla, lo hanno detto un po' tutti, è nelle mani di Sergio Mattarella. Sarà lui oggi pomeriggio a ricevere le dimissioni di Matteo Renzi e sarà lui a decidere tempi e modi del percorso che porterà alla sua successione. E fedele alla tradizione, è già partito il totonomi.  Il primo nodo da sciogliere è la leadership del Pd. Il Partito Democratico è e resta il partito di maggioranza. Non si può fare governo senza che i Democratici lo sostengano. Matteo Renzi, dopo aver lasciato Palazzo Chigi, lascerà anche la poltrona di segretario? O sarà lui a gestire la transizione? Dalla risposta a queste domande dipende molto dello scenario futuro. Il secondo punto riguarda i rapporti con l'Europa. I mercati questa mattina sembrano aver reagito bene allo scossone creato dalle dimissioni di Renzi. Lo spread oscilla intorno ai 170 punti (livello vicino a quello degli ultimi giorni), i mercati perdono ma meno di quello che ci si poteva immaginare. L'impressione è che avessero già messo in conto la vittoria del No e che, soprattutto, ci sia la certezza che, qualora le cose dovessero, precipitare, la Bce è pronta a intervenire. Ciò nonostante è chiaro che il governo che verrà non potrà prescindere dalla gestione di alcuni punti chiave che riguardano il futuro economico del Paese. Difficilmente, infatti, Bruxelles accetterà un esecutivo creato e pensato solo per realizzare la riforma della legge elettorale e portare il Paese alle urne.  L'identikit. Chi sarà quindi il successore di Matteo Renzi? I nomi su cui si concentra l'attenzione degli analisti sono quelli di Pier Carlo Padoan e Pietro Grasso. Il primo, che stamattina ha rinunciato a recarsi a Bruxelles per l'Eurogruppo, sembra favorito. Sia per il suo standing internazionale, sia perché ha quel curriculum "economico" importantissimo per rassicurare i mercati. Ma i dubbi non mancano. Padoan è il ministro che, forse più di altri, incarna lo spirito del governo Renzi. Molte delle leggi approvate in questi mille giorni non ci sarebbero state senza il sostegno del titolare del dicastero dell'Economia. Gli italiani, votando no, hanno decisamente bocciato l'esecutivo. È veramente la mossa giusta per rispondere alla domanda di cambiamento sollevata dal Paese?

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