Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Giorgia Meloni sfida Matteo Salvini alle nostre primarie del centrodestra: "Con la Lega punti in comune"

Antonio Angeli
  • a
  • a
  • a

Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d'Italia, lei, per i lettori de Il Tempo, è la candidata ideale come leader del centrodestra, più di Salvini. «È un onore e ringrazio tutti i lettori che mi hanno votato. Gli italiani vogliono contare di più e il sondaggio che avete condotto ne è l'ennesima conferma. Ma io credo che il leader dovrà essere scelto con primarie reali, in carne ed ossa. Ho proposto la data del 5 marzo: scriviamo le regole e facciamo scegliere al popolo». Ma se il leader storico del centrodestra, Silvio Berlusconi, non volesse le primarie? «Io le chiedo da anni, è una delle ragioni per cui ho fondato Fratelli d'Italia, perché le leadership non si calano dall'alto. L'unica alternativa alle primarie è l'implosione del centrodestra, ovvero quello che abbiamo visto negli ultimi anni. Siamo pronti a celebrarle con tutti quelli che vorranno starci. Ma la mia priorità è una: costruire una nuova proposta politica fondata sul concetto di sovranità e che rimetta al centro la difesa dell'interesse nazionale italiano». Ma la frattura della destra è europea e mondiale, in Italia possiamo fare di meglio? «In Europa e negli Stati Uniti si stanno affermando quei movimenti che vogliono mettere un argine all'immigrazione e alla globalizzazione incontrollate, strumento del grande capitale, per difendere i diritti dei molti contro gli interessi dei pochi. In questo nuovo quadro politico globale, i partiti che si definiscono di destra "moderata" devono scegliere da che parte stare. Forza Italia deve scegliere se stare col Ppe della Merkel, di Juncker e di Alfano o con i movimenti sovranisti schierati dalla parte del popolo». A questo scopo il suo dialogo con Silvio Berlusconi è aperto? «Non contano i rapporti personali tra i leader del centrodestra e le opinioni che uno ha dell'altro. Ciò che mi interessa è trovare una piattaforma programmatica comune». C'è anche la possibilità che una parte del centrodestra, dopo il referendum, scelga di appoggiare l'esecutivo. «Chi nel centrodestra pensa di sostenere il quarto governo di fila non scelto dagli italiani non potrà essere nostro alleato in futuro». Ma una eventuale frattura nazionale avrà inevitabili conseguenze anche sulla politica locale? «Sarebbe scorretto disattendere la volontà degli elettori che hanno dato fiducia a livello locale a delle maggioranze di centrodestra sulla base di cambiamenti a livello nazionale. Certo è che una rottura con Forza Italia renderebbe molto più difficile le ipotesi di future alleanze a livello locale, ma soprattutto mi domando come farà Forza Italia a giustificare, agli occhi dei suoi elettori, che in Parlamento il Pd è un alleato mentre sul territorio è un nemico». Ritiene che le reti televisive di casa Berlusconi siano contro la sua concezione di destra? «Mediaset è una grande azienda italiana ed è sbagliato considerarla un'entità con un'identità politica definita. Non la tirerei nel dibattito politico». Il partito sovranista potrebbe nascere dalla fusione Lega-Fratelli d'Italia? «Un partito ha senso di esistere quando dà voce a valori e idee che altri non rappresentano. Oggi Fratelli d'Italia incarna una destra identitaria e patriottica che ha come ragione sociale la difesa degli italiani e della loro sovranità. La Lega è nata con altre parole d'ordine, ma negli ultimi anni sono diventati numerosi i punti di contatto. Non escludo che in futuro si possa giungere ad una proposta politica condivisa, più sul modello della federazione che non del partito unico, che incarni le istanze identitarie e sovraniste nel solco dei movimenti che si stanno affermando in tutta Europa». In realtà sono due partiti molto diversi. «La Lega nasce come un movimento territoriale con rivendicazioni locali, Fratelli d'Italia nasce nel solco della destra italiana e pone al centro la Nazione e l'identità nazionale. Vedo in futuro molte meno differenze rispetto ad oggi, soprattutto se la Lega continuerà nel suo percorso di superamento delle sue tesi indipendentiste fondative». Con Matteo Salvini lei va d'accordo? «Ha il coraggio di difendere le proprie idee anche quando inizialmente appaiono impopolari ai più. Un difetto? Ha un pessimo rapporto con il telefono». Nella vostra «federazione sovranista», un giorno ci sarà spazio per Grillo? «Le alleanze politiche del futuro si costruiranno tra chi è a favore della globalizzazione incontrollata e chi vuole difendere la sovranità dei popoli. Su questi temi, il M5S è sulla stessa barricata del Pd: penso all'immigrazione, ai temi etici, alla sicurezza o all'identità». In caso di vittoria del no cosa farà il suo partito? «Due cose. La prima: basta perdere tempo a discutere di legge elettorale. La seconda: si torni al voto». Potrebbe anche vincere il sì. «Se dovesse vincere il sì, il popolo italiano conterebbe ancora di meno rispetto ad oggi. Per questo ci aspetterebbe una stagione di lotte ancora più decise di quelle fatte finora». Il vero problema è nel leader che oggi, dopo Berlusconi, non c'è. «Le ragioni sono tante, ma certamente ha pesato la mancanza di un modello che prevedesse la scelta del leader attraverso il coinvolgimento popolare. Basti vedere quello che è successo negli Stati Uniti: se non ci fossero state le primarie, ci saremmo ritrovati Donald Trump come candidato indipendente contro la Clinton e il candidato repubblicano. Questo avrebbe consegnato la vittoria al partito democratico. La verità è che il popolo ha le idee molto più chiare delle segreterie di partito». Italia fuori dall'euro e anche fuori dall'Europa? «Nell'attuale Europa a 28 sono 10 gli Stati membri che non adottano l'euro. Nell'Europa senza il Regno Unito saranno 9 su 27, quindi un terzo. Uscire dall'euro non è una follia, ma è un'ipotesi che va valutata concretamente. Tutti i dati economici dimostrano in modo inconfutabile che la moneta unica ha danneggiato l'economia italiana e ha creato miseria e disoccupazione. Mi auguro invece che, grazie alla crescita dei movimenti che contestano la deriva tecnocratica di Bruxelles, non si arrivi mai a ipotizzare lo scioglimento della Ue. Ma se continuiamo a far governare la Ue da Renzi, Juncker e Merkel, la Ue è destinata a scomparire». Se avesse la guida del Paese, in cosa si impegnerebbe? «Primo: blocco navale al largo della Libia per impedire la partenza dei barconi e porre fine all'invasione dell'Italia. Secondo: sicurezza e certezza della pena. Chi delinque deve rimanere in galera e chi non ha titolo a stare qui deve essere espulso. Terzo: riduzione delle tasse, quoziente familiare e un piano straordinario contro la povertà».

Dai blog