SINDACATO & POLEMICHE
Tra mail e firme false è guerra nell'Ugl
Le acque tornano a essere agitate nell’ Ugl dilaniata da inchieste, colpi bassi e guerre intestine. Alla saga del sindacato che fa riferimento al centrodestra si sta per aggiungere un nuovo capitolo. Quello basato su una mail partita la sera del 25 ottobre 2016 da via delle Botteghe Oscure, sede dell’ Ugl, nella quale veniva convocato il consiglio nazionale ordinario il 16 novembre a Roma. All’ordine del giorno la relazione del Segretario generale, Paolo Capone e gli adempimenti statutari. La lettera è regolarmente protocollata (n° 604/C/16) ma la firma non sarebbe autentica, parrebbe non essere quella di Capone. LA MAIL TAROCCATA È il primo colpo di scena. Capone non riconosce la firma e non resta con le mani in mano. Prende carta e penna e scrive una seconda mail per confutare la prima. La data di questa è il 26 ottobre, il protocollo è il numero 608/C/16. Il testo spiega che la mail con la convocazione non è autorizzata, la firma elettronica è stata apposta senza il suo consenso e quindi la convocazione del 16 novembre non è valida. Capone annuncia anche l’avvio di un’indagine interna per accertare le responsabilità dell’accaduto e la segnalazione alle autorità competenti. Il caso sembra chiuso. Qualcuno, che aveva accesso alle chiavi per entrare nel sistema per compilare una richiesta di convocazione del Consiglio nazionale, lo ha fatto a insaputa di Capone. Ma c’è un altro coup de theatre. Dalla Segreteria confederale composta da 11 membri arriva una risposta quasi immediata (il 26 ottobre) che contesta le affermazioni di Capone. «Apprendiamo che la convocazione del Consiglio nazionale è stata annullata perché la firma è stata disconosciuta» spiegano gli 11 componenti. Che però precisano che l’assise è stata deliberata all’unanimità il 18 ottobre dalla Segreteria confederale su proposta dello stesso Segretario, che si sarebbe anche attivato per trovare la sala. Questo spiegherebbe l’invio della comunicazione poi rinnegata. Risultato: seguendo la prassi l’assemblea è confermata. Non solo. La lettera aggiunge che sono già arrivate adesioni sufficienti a legittimare l’autoconvocazione per la stessa data. Dunque il 16 novembre tutti a Roma. LA CONGIURA Capone sente odore di complotto e si prepara al contrattacco con un’ennesima lettera, quella del 28 ottobre (protocollo 613/C/16) nella quale conferma ufficialmente l’assise del massimo organismo decisionale della confederazione sempre per il 16 novembre. Ma c’è una modifica nell’ordine del giorno. Al secondo punto, dopo la relazione del segretario generale, viene inserita la ratifica dell’accordo stipulato con Salvatore Muscarella, ieri avversario e oggi alleato, e al terzo punto un generico «rinvio del Congresso Confederale». Nessun accenno alla sua revoca. LA RISPOSTA La fronda anti Capone non si accontenta. A stretto giro, sempre il 28 ottobre, arriva una comunicazione con le adesioni formali al consiglio nazionale del 16 novembre. Sono più dei due terzi dei componenti, dunque secondo loro per statuto Ugl, la richiesta è incontestabile. Chiedono di integrare l’ordine del giorno con un nuovo punto: «Revoca del segretario generale Francesco Paolo Capone ed elezione nuovo Segretario Generale». Le firme sono depositate presso il notaio Alberto Chiosi. IL RETROSCENA In ogni caso la pax interna in casa Ugl è finita. C’è un altro capitolo che si aggiunge a quello delle botte tra i delegati Ugl al congresso di Montesilvano nel 2014 finito in rissa tra i rappresentanti della «corrente» che faceva capo all’ex leader del sindacato, Renata Polverini (che proponeva Capone) e i sostenitori dell’altro gruppo che puntava all’elezione di Muscarella. Uno scontro poi portato a livello di carte da bollo e di tribunale. Che diede ragione a Muscarella considerando non valido il processo elettivo di Montesilvano. Decisioni sempre contestate e che portarono a nuovi scontri verbali e a risse. Come il 10 febbraio 2015 quando nella sede Ugl si arrivò alle mani per la mancata concessione al gruppo di Muscarella di una sala per tenere una conferenza stampa. Il giorno dopo ci fu una colluttazione, poi smentita, tra la Polverini e il responsabile del dipartimento sicurezza Danilo Scipio. Oggi, secondo alcuni rumors, a spingere la fronda sarebbe proprio la Polverini che starebbe preparando il suo rientro a capo del sindacato, in vista anche della fine della legislatura e della possibilità di non essere ricandidata(attualmente è deputata di Forza Italia). Una tesi smentita dall’interessata che, contattata da il Tempo, ha detto: «Queste voci sono messe in giro da un giornale che ho già querelato. Smentisco tutto e non intendo parlare della questione».