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Così le ambasciate straniere in Italia non pagano i loro i conti

La sede del ministero degli Esteri italiano

Pietro De Leo
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«Vuoi sapere la procedura? Io i soldi non li pago, e tu non li becchi», diceva il mitico Alberto Sordi, nei panni del Marchese del Grillo, ad un incredulo falegname che rivendicava le sue spettanze per alcuni lavori. Lì eravamo al cinema ma purtroppo, com'è noto, accade spesso anche nella realtà. Ancor meno accettabile però è che a vestire i panni del «sor Marchese» siano anche le rappresentanze diplomatiche straniere in Italia. Già, perché, come scrive il sito www.glistatigenerali.com, la «lista degli oggetti non pagati da ambasciatori e consoli esteri è lunga, vale centinaia di migliaia di euro ogni anno e produce un inimmaginabile contenzioso stragiudiziale e nelle aule di tribunale». Tanto che un Consigliere di Legazione del Ministero degli Esteri, Roberto Rizzo, tra le sue competenze ha anche quella del «contenzioso con rappresentanze estere». Ma quali sono le fattispecie del contendere? Il sito «glistatigenerali» cita il caso di una persona (di cui è omesso il nome) che, dopo aver svolto attività di pubbliche relazioni per gli Emirati Arabi Uniti attende ancora il saldo di un compenso di 50 mila euro. E viene riportato anche il documento con cui uno studio legale rivendica all'ambasciata del Kuwait il compenso dei 10 mila euro pattuiti da un ex giornalista del Times, già direttore di Italian Insider, per la produzione di un report sui 50 anni delle relazioni tra il Paese del golfo e l'Italia. La realizzazione aveva richiesto ben quattro mesi di lavoro. Girando sul web, però, il vizietto di non saldare gli importi dovuti non è una moda odierna, ma affonda le radici molto indietro nel tempo. Negli anni '90, addirittura, si costituì a Roma un «Comitato per la difesa civica del corpo diplomatico», e nel '93 si svolse una manifestazione davanti alla sede diplomatica dello Zaire dove protestarono creditori non saldati e dipendenti a cui per mesi non era stato pagato lo stipendio. Ancora oggi su alcuni forum web dedicati agli investimenti immobiliari gli utenti si sconsigliano tra loro di dare in affitto immobili ad ambasciate e consolati. E quando, nel 2013, il Kazakistan entrò di moda per via del caso Shalabayeva, tra le pieghe della vicenda se ne inserì un'altra: una questione di lavori di ristrutturazione pagati fino ad un certo punto (era poco di 3 milioni di euro il quantum non corrisposto) che portò ad un'azione legale con conseguente richiesta di pignoramento dei conti. Sul nodo del pignoramento dei conti correnti, ancora il sito «glistatigenerali.com» fa notare come, con il governo Renzi, sia arrivata «una vera propria beffa. Che di fatto mette definitivamente al riparo i "furbetti delle ambasciate" dalle legittime pretese dei propri creditori». L'inghippo sembra essere all'interno della conversione del decreto legge «misure urgenti di de-giurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile», dove è stato inserita una norma presentata dal Senatore Pd Giuseppe Luigi Salvatore Cucca, intitolata «crediti delle rappresentane diplomatiche e consolari straniere». In base a questa disposizione «non sono soggette ad esecuzione forzata, a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio, le somme a disposizione (...) depositate su conti correnti bancari o postali, in relazione ai quali il capo della rappresentanza, del posto consolare o il direttore, comunque denominato, dell'organizzazione internazionale in Italia, con atto preventivamente comunicato al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e all'impresa autorizzata all'esercizio dell'attività bancaria presso cui le medesime somme sono depositate, ha dichiarato che il conto contiene esclusivamente somme destinate all'espletamento delle funzioni dei soggetti di cui al presente comma». E dunque, continua il sito, «pare che subito dopo il varo definitivo della norma ci sia stata una letterale corsa di ambasciate e consolati a produrre al Ministero la dichiarazione che le somme depositate in banca sono destinate allo svolgimento delle funzioni. Rendendo di fatto i conti correnti delle rappresentanze singolarmente extraterritoriali». Noi del Tempo abbiamo provato, ieri, a contattare il senatore Cucca, per chiedere se in realtà si trattasse di una specie di immunità che agevola i «pagatori esitanti» delle ambasciate. Cortesemente ha declinato, spiegando di essere in campagna elettorale e di non avere tempo per rispondere. Ovviamente attendiamo fiduciosi, perché l'idea degli italiani eternamente gabbati in casa loro fatichiamo a mandarla giù.

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