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Il partigiano Eugenio invoca la «Resistenza» contro Matteo

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Da diversi mesi il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari ha intavolato una vera e propria guerra di posizione nei confronti di Renzi. Una strategia, la sua, che peraltro ha messo in imbarazzo l'a...

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Da diversi mesi il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari ha intavolato una vera e propria guerra di posizione nei confronti di Renzi. Una strategia, la sua, che peraltro ha messo in imbarazzo l'attuale direttore del giornale, Ezio Mauro, e il suo proprietario, Carlo De Benedetti, di professione fermamente renziana. Ma Scalfari non ha fatto retromarce e dopo aver bocciato praticamente tutti i provvedimenti del governo, dalla politica economica con la «mancetta» degli 80 euro al fallimentare semestre di presidenza Ue, nel mirino del fondatore è finita la riforma costituzionale firmata dal ministro Maria Elena Boschi. Negli scorsi giorni su Repubblica è andato in scena il carteggio tra i due grandi «vecchi» della sinistra, Eugenio e l'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. I due, pur premettendo in ogni missiva di essere grandi amici da anni e ripromettendosi di esserlo ancora in futuro, si sono posizionati su sponde diametralmente opposte. Per Scalfari il combinato disposto da Italicum e riforma del Senato rischia di essere incompatibile con una democrazia parlamentare. Per l'ex Re Giorgio, non c'è nessun pericolo di deriva autoritaria e il «declassamento» della Camera Alta altro non è che quanto auspicato da trent'anni da insigni costituzionalisti, per lo più provenienti di sinistra: il superamento del bicameralismo perfetto. Scalfari, lungi dal farsi zittire dalla «moral suasion» di Napolitano, sul numero uscito a Ferragosto è tornato a picchiare duro, tracciando addirittura un parallelo tra la ricorrenza dell'8 settembre e l'iter della riforma del Senato, che in quella data tornerà in Aula. «Ho letto che i lavori del Senato riprenderanno dopo la pausa estiva, l'8 settembre - scrive - sul tema assai contrastato della riforma costituzionale. (...) Ebbene, sarà un caso, ma quella dell'8 settembre è una data fatidica nella storia moderna del nostro paese. Era il 1943 e il governo presieduto da Pietro Badoglio dette l'annuncio d'aver firmato l'armistizio». «L'esercito italiano si dissolse come neve al sole - continua Scalfari - lo Stato si sfasciò, la Patria con la P maiuscola si frantumò (...). In quegli stessi giorni cominciò la Resistenza nei territori occupati dai nazi-fascisti. Uno sfascio e una nascita». Di qui l'appello al presidente del Senato Grasso: «Dia la parola ai senatori che vorranno ricordare quell'avvenimento e poi tolga la seduta. Sarebbe un gesto apprezzabile anche se in contrasto con chi ha stabilito di cominciare proprio in quel giorno una querelle che dividerà profondamente gli animi anziché unificarli come il significato storico della Resistenza vorrebbe». Come dire: caro Renzi, contro le tue riforme siamo pronti anche a scomodare i partigiani...

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