Quei morti di Fiumicino dimenticati dalla storia
Tutti sanno che la più grave strage nella storia dell’Italia repubblicana è quella avvenuta alla stazione di Bologna nel 1980 (85 morti). Ben pochi però saprebbero dire qual è stata la strage che causò il maggior numero di morti nel decennio precedente. Molti direbbero che è la strage di piazza Fontana del 1969 (17 morti), o quella sul treno Italicus del 1974 (12 morti). Si tratta invece della strage avvenuta il 17 dicembre 1973 all’aeroporto di Fiumicino. Quel giorno un commando palestinese di almeno cinque uomini assaltò un aereo della Pan Am lanciando alcune granate incendiarie nella fusolieria dell’aereo. Ci furono complessivamente 32 morti, 30 le vittime decedute per le ustioni subite; due le persone assassinate, una sulla pista di Fiumicino, un’altra nel corso del dirottamento aereo che seguì l’azione terroristica. Sei di queste vittime dimenticate erano italiane: Giuliano De Angelis, Emma Zanghi e la loro figlia Monica, Raffaele Narciso (morti sull’aereo della Pan Am), Antonio Zara e Domenico Ippoliti (uccisi nel corso dell’azione terroristica). In quei giorni di fine dicembre tutti i mass media del mondo si occuparono di quella strage poi, subito dopo, una pesante coltre di silenzio fu stesa su quella tragica giornata, come aveva immaginato una profetica, amara vignetta pubblicata dal settimanale Candido all’inizio del 1974. Più di 40 anni dopo contribuisce a squarciare il pesante velo di oblio su quella vicenda - che persiste in parte ancora oggi - un libro pubblicato di recente, intitolato La strage dimenticata. Fiumicino, 17 dicembre 1973, dell’editore Imprimatur. Ne sono autori Gabriele Paradisi e Rosario Priore, allora giovane magistrato che condusse una lunga inchiesta che si concluse solo nel 1989. Il libro ricostruisce non solo la dinamica dell’attentato di Fiumicino e la drammatica vicenda del dirottamento dell’aereo della Lufthansa, che si concluse in Kuwait il 18 dicembre con la liberazione degli ostaggi, ma segue anche il destino dei terroristi nei mesi seguenti, la loro carcerazione in Egitto fino alla loro liberazione grazie ad un ennesimo dirottamento aereo nel novembre 1974. Gli autori utilizzano la documentazione inedita allegata agli atti dell’inchiesta giudiziaria, i cablogrammi diplomatici resi pubblici da WikiLeaks e le numerosissime cronache dei giornali e dei periodici italiani e stranieri dell’epoca, compresa parte della stampa in lingua araba, emerse da un esteso spoglio dei periodici del tempo. Perché la strage di Fimicino del 1973 è stata rimossa dalla memoria e dalla storia italiana degli anni Settanta ed è stata sepolta sotto un pesante e persiste velo di silenzio e di oblio? Per una serie di molteplici motivi messi che il libro contribuisce a far emergere e ad illuminare. Perché quei 32 morti non si lasciano inquadrare facilmente nella strategia della tensione, paradigma interpretativo dominante di una vasta e variegarta produzione saggistica sullo stragismo in Italia. Perché lo Stato italiano, i suoi governi, la sua diplomazia ufficiale, sacrificarono le ragioni della giustizia alle molte indicibili ragioni di Stato, allo stato di necessità, alle forniture energetiche, al tentativo di fronteggiare e imbrigliare la minaccia del terrorismo palestinese facendo ricorso alla “diplomazia parallela”. I cablogrammi resi noti da WikiLeaks mostrano però che l’Italia non era la sola nazione a muoversi in modo ambivalente sul teatro mediterraneo. Gli stessi diplomatici degli Stati Uniti ben poco si preoccuparono che venissero liberati, nel novembre 1974, i terroristi che avevano ucciso 17 loro connazionali a Fiumicino. Cercarono invece di impedire che fossero scarcerati gli autori dell’omicidio di due diplomatici americani, avvenuto in Sudan nel marzo 1973. Evidentemente, un peso assai diverso fu assegnato alle vittime, classe dirigente o gente comune. In quella circostanza, a dimostrazione di quanto fosse complessa e ambigua la sfida del terrorismo internazionale dell’epoca, Henry Kissinger fece distruggere la registrazione telefonica con la voce di Arafat che ordinava di uccidere i due diplomatici americani. La stessa Olp si dissociò ufficialmente dalla strage di Fiumicino, promise di processare e punire i responsabili, ma poi nulla fece a riguardo se non eliminare nel settembre 1974 Ahmed Ghaffour, un ex dirigente dell’Olp che aveva creato un gruppo dissidente finanziato dalla Libia, fazione probabilmente responsabile della strage di Fiumicino.