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Il ras delle coop chiede lo sconto di pena Tre anni e 6 mesi non bastano. Respinto

L'obiettivo delle richiesta è far cadere «l'associazione mafiosa»

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L'obiettivo è far cadere «l'associazione mafiosa». Questo c'è dietro la richiesta di patteggiamento a 3 anni e 6 mesi avanzata dalla difesa di Salvatore Buzzi, «braccio imprenditoriale» dell'organizzazione criminale Mafia Capitale, capeggiata dall'ex estremista di destra, Massimo Carminati. Un'operazione tattica, quella fatta dall'avvocato Alessandro Diddi. Perché con la richiesta di patteggiamento «non c'è alcun tipo di ammissione di colpevolezza sull'associazione mafiosa, altrimenti non avremmo potuto presentare l'istanza», spiega il legale. «Abbiamo detto nell'interrogatorio di marzo scorso – aggiunge – che Buzzi è stato indotto a piegarsi a un sistema già esistente» per quanto concerne gli appalti. Affermazioni che annunciano le importanti rivelazioni che potrebbe fare il grande manovratore degli interessi finanziari del clan, qualora, però, venisse meno per lui l'associazione mafiosa. Tuttavia, resta un nodo difficile da sciogliere: ben due giudizi cautelari, del Tribunale del Riesame e della Corte di Cassazione, hanno confortato l'impianto accusatorio del procuratore capo Giuseppe Pignatone e dell'aggiunto Michele Prestipino. La Procura, infatti, ha bocciato l'istanza di patteggiamento. Ma andiamo con ordine.     LA DIFESA «Ritiene la difesa - si legge nella richiesta di applicazione della pena inoltrata il 15 giugno dall'avvocato Diddi al Tribunale e alla Procura di Roma - che nei confronti di Buzzi può essere esclusa la sussistenza della partecipazione al reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, che può essere riqualificato in associazione per delinquere semplice», reato per il quale è prevista una pena base di 5 anni. L'avvocato Diddi ha spiegato il calcolo con cui è arrivato ai 3 anni e 6 mesi. In base all'interpretazione del penalista, Buzzi potrebbe avere le riduzioni della pena previste dal riconoscimento delle attenuanti generiche e dalla scelta del rito del patteggiamento. La difesa ritiene inoltre che possa essere escluse le aggravanti del concorso esterno in associazione mafiosa e del possesso di armi, «non essendo state reperite e comunque non risultando alcuna consapevolezza in ordine al possesso di esse da parte di taluno dei partecipi».     LA PROCURA I sostituti procuratori Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli hanno respinto al mittente la richiesta, ritenendo che l'impianto accusatorio sia stato ampiamente suffragato dal provvedimento con cui il 17 dicembre 2014 Tribunale del Riesame ha confermato per Buzzi l'applicazione dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere per il reato di 416 bis, poi confermato dalla Corte di Cassazione lo scorso 10 aprile. «L'associazione per delinquere, previa derubricazione dell'associazione di tipo mafioso, non è condivisibile - si legge nel parere che la Procura ha inoltrato al gip Flavia Costantini in merito all'istanza di patteggiamento presentata da Buzzi - in quanto non aderente alla contestazione formulata con la richiesta di giudizio immediato del 21 maggio 2015 e il correlato decreto del 29 maggio 2015», che ha fissato il processo per il prossimo 5 novembre. Secondo i pm, la pena base di 5 anni dal quale l'avvocato Diddi è partito «appare palesemente incongrua» e le attenuanti generiche «non possono essere riconosciute a Buzzi, in relazione alla gravità e al numero di reati contestati, e dal precedente penale per omicidio, che, se pur risalente nel tempo, appare particolarmente grave». Inoltre, per i procuratori l'associazione mafiosa è aggravata dal possesso di armi.     L'ACCUSA Stando all'impostazione della Procura, infatti, Buzzi sarebbe elemento di spicco del clan. Lo rivela lo stesso capo d'imputazione, secondo cui assieme a Carminati e gli altri indagati, avrebbe «fatto parte di una associazione di stampo mafioso operante su Roma e nel Lazio, che si avvale della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti di estorsione, di usura, di riciclaggio, di corruzione di pubblici ufficiali e per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione e il controllo di attività economiche, di concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici». In particolare «Salvatore Buzzi, organizzatore, gestisce, per il tramite di una rete di cooperative, le attività economiche della associazione nei settori della raccolta e smaltimento dei rifiuti, della accoglienza dei profughi e rifugiati, della manutenzione del verde pubblico e negli altri settori oggetto delle gare pubbliche aggiudicate anche con metodo corruttivo, si occupa della gestione della contabilità occulta della associazione e dei pagamenti ai pubblici ufficiali corrotti».

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