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Gli invincibili 500 enti inutili sanguisughe da 10 miliardi

La cancellazione è sparita dall'agenda di Renzi

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È un tema spinoso che era stato inserito tra le priorità del governo, insieme alla riforma della pubblica amministrazione e alla riduzione delle imposte. Invece dopo circa un anno di legislatura il nodo dell'abolizione degli enti inutili è ancora nel cassetto di Renzi, così come l'ha lasciato il commissario Cottarelli. E mentre la riforma della pubblica amministrazione marcia a rilento in Parlamento e di tagliare le tasse non se ne parla più, anche questo capitolo importante della spending review sembra sparito dall'agenda del governo. Resistere, è il mantra di questa miriade di medie e piccole strutture mangiasoldi sopravvissute a tutte le velleità di cambiamento dei diversi governi. Il caso del Cnel è solo la punta di un'iceberg. Prima del commissario Cottarelli fu l'allora ministro della Semplificazione Roberto Calderoli a individuare 1.612 enti da eliminare perchè «dannosi». Non se n'è fatto nulla. Vivono ancora i Tribunali delle acque, i Bacini imbriferi montani, gli Ato e i 138 enti parco regionali nonché la pletora dei consorzi di bonifica. I carrozzoni sono ricchi di storie paradossali. Una «autodenuncia» è stata raccolta dall'Adnkronos. «Sogno di andare a casa, di lasciare l'ente autonomo Fiera dell'Ascensione, è medievale. Si sbrighino a chiuderlo», si sfoga il commissario straordinario Donato De Carolis dell'ente autonomo Fiera dell'Ascensione di Francavilla Fontana nel brindisino, finito più volte negli elenchi, sempre ufficiosi, degli enti inutili. «Il mio incarico era per sei mesi - racconta De Carolis - è durato sei anni e sono ancora qui. Non ci sono più dipendenti, perché sono andati in pensione, ma il patrimonio resta ed è inutilizzato. Va chiuso, non ha più ragione di vita». Il Codacons mettendo insieme diversi censimenti ha calcolato che sono oltre 500 questi casi sanguisuga che pesano sulle casse dello Stato per circa 10 miliardi di euro all'anno. Dall'Unione italiana Tiro a Segno fino al Centro piemontese di studi africani, passando all'Istituto di sviluppo ippico per la Sicilia e a quello per la conservazione della gondola e la tutela del gondoliere a Venezia. Resiste l'Istituto Regionale per le Ville Tuscolane. Qui nessuno teme la soppressione e invitano a leggere la mission strategica sul sito: l'ente è chiamato a «promuovere, divulgare e incentivare la conoscenza delle Ville», oltre a curarne la manutenzione, dello stabile, e anche dei giardini. Peccato che alcune aprono solo qualche giorno all'anno in occasioni speciali, altre si possono vedere solo su appuntamento. Tra gli enti miracolosamente scampati ai diversi tentativi di riordino c'è anche l'Unione Nazionale per la Lotta contro l'Analfabetismo. Un problema, quello dell'analfabetismo, che resta secondo, gli ultimi dati Istat, ma in modo estremamente ridotto. Se nel 1961 riguardava l'8,7% degli italiani nel 2011 circa l'1% della popolazione. Continua a esistere Arcus, creata dieci anni fa dall'ex ministro dei Beni culturali Giuliano Urbani. Il governo Monti l'aveva chiusa, poi durante la discussione di un decreto del governo di Enrico Letta un emendamento della forzista Elena Centemero l'ha resuscitata, con l'assenso bipartisan. Sopravvive pure l'Istituto per lo sviluppo agroalimentare, anch'esso decretato inutile da Monti e poi rianimato in Parlamento. Al pari dell'Istituto per il commercio estero, che poi se l'è cavata con la trasformazione in Agenzia. Ha corso il rischio di chiusura pure l'Ente nazionale per il Microcredito fondato da Mario Baccini. Monti aveva chiuso anche questo, ma il solito emendamento lo ha fatto resuscitare. Che dire poi dell'Enit, più volte finita nella lista degli enti inutili. Il ministro Franceschini gli ha ridato ossigeno annunciando l'approvazione definitiva dello statuto che chiude la fase di commissariamento e rende operativa la riforma dell'agenzia.

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