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Un disastro annunciato
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Il Tempo aveva lanciato l'allarme dopo Genova I fossi ripuliti in parte e non si è pensato alle frane. LEGGI ANCHE «Bisogna evacuare tutte le popolazioni a rischio»
I geologi lo avevano detto, proprio sulle pagine de Il Tempo, pochi giorni dopo l'alluvione di Genova. «Senza prevenzione e interventi, a Santa Marinella potrebbe accadere ciò che è avvenuto in Liguria». E così è stato. Una bomba d'acqua si è abbattuta ieri sulla cittadina del litorale nord del Lazio, colpendo anche le limitrofe Civitavecchia e Santa Severa. Fiumi di fango, traffico in tilt sull'Aurelia e l'autostrada Roma-Civitavecchia, treni bloccati e cancellati per il maltempo e molti abitanti della località costiera costretti addirittura a rifugiarsi sui tetti delle case per scampare la furia dell'acqua. PERICOLO FANGO A essere colpito particolarmente il quartiere della Quartaccia, zona periferica di Santa Marinella, tra l'autostrada e la stazione ferroviaria dove una frana dovuta all'enorme quantità di pioggia (la Protezione civile ha parlato di 50 millimetri caduti in una sola ora) ha creato un fiume di fango che ha inondato tutta la zona e intrappolato i residenti. «Questa parte di terreno a ridosso dell'autostrada è fragile e l'ingente mole di pioggia ne ha fatto cedere una parte» spiega Dario Tufoni, consigliere dell'Ordine dei geologi del Lazio, che proprio lo scorso 12 ottobre sulle pagine de Il Tempo aveva parlato di «rischio idrogeologico per Santa Marinella». «Non sono stati i fossi a cedere - chiarisce - Anzi, proprio dopo l'articolo sul vostro giornale, nel giro di venti giorni è stata fatta la manutenzione ordinaria di pulizia che era bloccata dalla fine dell'estate per motivi burocratici». COME GENOVA Il 12 ottobre scorso, Tufoni chiariva la somiglianza geomorfologica e di urbanizzazione tra Santa Marinella e Genova. «La città del litorale laziale si trova a valle di rilievi montuosi, in questo caso quelli della Tolfa, tra l'autostrada e la ferrovia, alla foce di una decina di piccoli torrenti caratterizzati tuttavia da bacini impermeabili lungo i quali si è costruito - spiegava in quell'occasione - Da allora, nel corso di più di trent'anni, sono stati fatti soltanto interventi strutturali su tre fossi, mentre ce ne sono più di una decina. Addirittura non si è mai intervenuto sui due più pericolosi, ossia i fossi di Castelsecco e Ponton del Castrato. Ogni anno viene fatta una manutenzione ordinaria di pulizia dei fossi al termine della stagione estiva». Ma oltre alla manutenzione ordinaria, «c'è sempre bisogno di interventi strutturali più complessi che tardano ad arrivare. E che oltre a riguardare i corsi d'acqua di Santa Marinella, che miracolosamente hanno tenuto bene alla pioggia di ieri, dovrebbero coinvolgere anche il terreno fragile a ridosso dell'autostrada che ha ceduto provocando il fiume di fango sul quartiere della Quartaccia», spiega Tufoni. 35% DEL LAZIO A RISCHIO Il rischio di alluvione riguarda non solo questa parte del Lazio, ma 452,5 chilometri quadrati della regione, ossia il 34,6% della superficie totale. Per gli esperti sono sette i bacini idrografici più a rischio: i bacini costieri nord (Santa Marinella e fiumi Mignone, Arrone, Marta e Fiora), il bacino medio Tevere (Orte, Gallese, Civitacastellana), l'Appennino di Rieti (fiumi Velino, Salto e Turano), Roma (Prima Porta, Labaro, Ponte Galeria), l'Aniene (Ponte Lucano e Subiaco), i bacini costieri sud (Astura, Amaseno e Ufente) e il bacino del Liri (Sora e dintorni). GLI SPROFONDAMENTI Ma per gli esperti, oltre alle alluvioni e frane (10mila quelle censite nel Lazio), che sono i rischi idrogeologici più conosciuti, esistono altri fenomeni altrettanto pericolosi: come i «sinkhole», sprofondamenti improvvisi del terreno con formazione di enormi voragini, e la fuoriuscita di gas endogeni. Nell'alluvione del 2 ottobre 1981 a Santa Marinella e Civitavecchia furono 125 millimetri di pioggia che in tre ore causarono la morte di sei persone. In questa occasione non ci sono state vittime. Ma si devono fare lo stesso i conti con i danni. Lo avevamo annunciato sulle colonne del nostro giornale come dimostra la pagina qui a fianco che uno dei punti vulnerabili della nostra regione era il litorale laziale. Nessuno ha recepito il messaggio lanciato dal geologi che invitavano gli amministratori a effettuare prevenzione ed interventi urgenti nelle zone tra Santa Marinella e Civitavecchia. Ieri senza nessun preavviso, senza nessuna allerta meteo, la furia delle precipitazioni ha messo ko l'intero litorale Nord, lasciando segni indelebili. Per tutta la giornata l'acqua ha causato frane e smottamenti su strade e sulla via Aurelia isolando quei comuni con la Capitale. Anche un pezzo di austostrada è franato. L'A 12 quindi è stata chiusa. Nessun treno è transitato per tutta la giornata. Pendolari e studenti bloccati a Roma. In tanti si sono rifugiati sui tetti.
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