Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Scampia dice addio a Ciro. In prima fila i tifosi laziali

In 20mila al funerale di Esposito. Tra Malagò e De Magistris spunta pure Genny 'a Carogna

  • a
  • a
  • a

Una sciarpa della Juventus che spunta tra quelle delle tifoserie «solidali», legata al palo di metallo che regge la targa «Piazza Ciro Esposito». Così è stata ribattezzata Piazza Giovanni Paolo II, quartiere Scampia, Napoli, lì dove ieri si sono svolti i funerali di Ciro con più di 20mila persone. Quella sciarpa bianconera è l'immagine più eloquente di come la tragedia dello scorso 3 maggio a Roma, con l'omicidio del giovane tifoso partenopeo, abbia completamente sconvolto la classica «geografia» ultrà italiana. La sciarpa dei nemici di sempre è annodata insieme a quelle delle tifoserie gemellate (Genoa, Ancona, Catania, Borussia Dormund) e a quelle delle curve «amiche». Mai, prima di ora, sarebbe stato immaginabile, tanto è vero che c'è chi si avvicina più che può per assicurarsi che sia proprio lei, la sciarpa juventina. Eppure è lì, a testimoniare che «oltre la rivalità c'è il codice ultrà», quello che condanna senza aspettare appello e cassazione chi spara: in questo caso, «i giallorossi infami». In piazza, per l'ultimo saluto a Ciro, ci sono delegazioni di tifoserie giunte da ogni parte d'Italia e d'Europa. Dal microfono qualcuno le ringrazia, una per una: Lazio, Palermo, Genoa, Ancona, Catania, Crotone, Fiorentina, Pro Vercelli, Milan, Casertana, Martina, Taranto, Dortmund, Rimini, Bologna, oltre agli ultrà di decine di squadre campane. La piazza sembra, nella parte di fronte alla tendostruttura allestita per le esequie, la gradinata di uno stadio. Qui gli ultrà della Curva A e della Curva B del San Paolo si radunano prima dell'inizio della cerimonia funebre, celebrata con il rito evangelico. Gli ultras partenopei all'arrivo della bara di Ciro srotolano uno striscione immenso, lungo 100 metri, firmato da entrambe le curve: «La Napoli ultras con dignità piange un degno figlio della città. Cia', Ciro». Lo striscione avanza e si ferma a metà piazza. Resterà lì per tutta la cerimonia, ore e ore sotto il sole cocente, tenuto ben steso da decine e decine di amici di Ciro, di compagni di stadio, ma anche di tanti tifosi che il ragazzo ucciso (secondo l'accusa) dal tifoso romanista Daniele De Santis, non l'hanno mai visto. Ma che, durante questi 53 giorni di agonia, hanno imparato a conoscerlo, ad amarne il sorriso, ad abbracciare idealmente i suoi familiari, a partire dalla meravigliosa madre, Antonella: mai una parola fuori posto, mai uno sfogo sopra le righe, sempre e soltanto inviti alla calma, a non farsi trascinare nella spirale della vendetta. «In 53 giorni - scandisce al microfono il presidente del Coni, Giovanni Malagò - la mamma di Ciro ha insegnato a un intero popolo come comportarsi. Sessanta milioni di persone hanno ricevuto da lei lezioni di vita». In piazza c'è anche Genny 'a Carogna, Gennaro De Tommaso, il leader della Curva A e dei «suoi» Mastiffs, protagonista della famosa «trattativa» all'Olimpico e delle infinite polemiche scatenate dalla maglietta con la scritta «Speziale libero». Il daspo lo terrà lontano dagli stadi per 5 anni, e lui ora è qui, serio, riflessivo, in disparte. E c'è anche Massimiliano Mantice, più «operativo» nell'organizzazione, «daspato» per tre anni: è il (robusto) tifoso partenopeo che insieme a Genny era seduto sulla balaustra della Curva Sud ripreso dalle telecamere di tutto il mondo. Si alternano al microfono familiari, amici e personalità delle istituzioni. C'è il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, che aveva accolto il feretro già l'altro ieri al casello autostradale, restando per ore a Scampia e rinunciando a partecipare al party sfavillante organizzato da Maurizio Marinella per festeggiare i 100 anni della famosa azienda produttrice di cravatte. «Deve pagare - dice De Magistris - anche chi non ha garantito l'ordine pubblico. Altri avevano già messo Ciro sul banco degli imputati, avevano detto che i tifosi napoletani avevano sbagliato, poi siccome lui è di Scampia, eravamo tutti brutti, sporchi e cattivi. Oggi scriviamo una nuova pagina e la verità è che Ciro si è messo tra l'odio e chi voleva solo vedere una partita». Il riferimento è a quell'atto di coraggio costato la vita a Ciro, che per difendere un pullman di tifosi napoletani, assaltato da De Santis e altri romanisti a Tor di Quinto, ci ha rimesso la vita. «Spero che questa morte - dice il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis, giunto in piazza con Lorenzo Insigne e Gianluca Grava - che è anche la morte del calcio italiano, permetta al calcio di ripartire, di ritrovare una cultura della sportività». «Abbiamo tanto pregato, io e mio figlio, e dopo la preghiera, su di noi è scesa la pace», singhiozza Antonella Leardi, la madre di Ciro, mentre Simona, la fidanzata di Ciro, implora di lasciare da parte l'odio e il desiderio di vendetta. Applaudono tutti, in piazza, una piazza dove l'unico coro che si alza è «Ciro-Ciro», dove non trova spazio neanche una parola, neanche un accenno, per gli «infami». Nella tragedia si è imprevedibilmente saldata un'amicizia tra due tifoserie, quella napoletana e quella laziale, divisa da sempre da una accesissima rivalità. «Onore al nemico laziale», si disse e si scrisse quando, poche ore dopo il ricovero di Ciro Esposito al Gemelli, gli ultrà biancocelesti raggiunsero per primi l'ospedale per mettersi a disposizione dei familiari di Ciro. E ieri il «nemico laziale» era molto, molto meno nemico: era lì, in prima fila. Forse, in futuro, una nuova torcida amica di quella partenopea. Eppure, mentre Nino D'Angelo intona una canzone per Ciro, mentre viene letto un messaggio del Capo dello Stato Giorgio Napolitano, in piazza si discute e si prevedono problemi molto grossi per i romanisti. Non c'è un solo ultrà o tifoso che non ricordi quelle immagini, le foto dei tifosi della Roma che all'Olimpico, mentre Ciro lottava tra la vita e la morte, ridevano e applaudivano srotolando gli striscioni della rivendicazione. Quelle foto, quei volti, gli ultrà napoletani li hanno ingranditi mille e mille volte, studiati uno per uno. Bersagli? Ieri a Scampia c'era chi sogna di trovarseli vicini di ombrellone, chi non vede l'ora di incontrarli in discoteca, chi giura che «ovunque andranno, l'anno prossimo, in Italia e in Europa, troveranno chi non vedrà l'ora di fargliela pagare».

Dai blog