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Chiede Gandhi prima di morire: «Non infierite sul mio assassino»

Gandhi's Funeral

Il «Mahatma» è stato ucciso da un giovane indù Furibonda battaglia a Bombay fra indù e musulmani

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NUOVA DELHI «Hanno ucciso il Mahatma!», «Il Maestro non è più!», «Gandhi è stato assassinato!» «Grande Anima è morto!»: questa tremenda notizia ha scosso l'India, è corsa di bocca in bocca con la rapidità d'un fulmine, in poche ore è tornata donde era partita, qui a Nuova Delhi, dove tutti ripetono le parole terribili meccanicamente, bisbigliandole come una preghiera o gridandole con fanatica disperazione; senza, forse, rendersi esattamente conto della realtà che sta dietro la dolorosa frase, come sempre accade quando si è sconvolti da un grande dolore, da un dolore più forte e più grande di noi stessi- «Mahatma Gandhi è stato assassinato!». Ore 17 (locali) del 30 gennaio 1948: Gandhi esce dal palazzo di C. D. Birla, dove è ospite, ed attraversa lentamente il breve prato che lo divide dal modesto podio in legno dal quale è solito parlare ai fedeli.- Cinquecento persone circa sono in attesa del Mahatma per unirsi con lui nella preghiera. Gandhi avanza lentamente, sostenuto dalle nipoti Alva e Manu; il suo aspetto è il solito, quello immortalato da centinaia di migliaia di fotografie, sorride con l'abituale piega dolce-amara delle labbra, i suoi occhi ammiccano buoni da dietro le caratteristiche lenti. La folla si divide facendo ala al suo passaggio, le fronti si inchinano verso terra- Il Mahatma avanza lentamente, sorridendo, ha quasi raggiunto il podio. Un giovane indù, alto, dall'apparente età di trentadue anni, in divisa militare kaki si fa largo tra i fedeli e, giunto a circa due metri da Gandhi, esplode d'improvviso contro di lui, tre colpi di pistola, uno dietro l'altro. Poi l'assassino si inchina con le palme giunte sulla fronte e il Mahatma, piegando indietro il suo esile corpo. «Amico - dice - sei giunto troppo tardi». Larghe chiazze di sangue arrossano in più punti, rapidamente, la sua tunica... Cosi è stato assassinato Mohuamdas Karamshand Gandhi. Cadendo riverso fra le braccia della nipote sedicenne Ilva Gandhi ha avuto la forza, ancora, di sollevare le braccia e piegare le mani nel rituale saluto alla folla. Solo allora i fedeli più vicini hanno avuto modo di reagire scagliandosi sull'assassino il quale pare abbia rivolto la stessa arma usata contro il Mahatma su se stesso per tentare di uccidersi: un colpo gli ha sfiorato la fronte in un tentativo di linciaggio stroncato dalla polizia. Mentre l'uomo, l'indù trentaseienne Nathuram Vinajclc Gode, della casta elevata dei «Marath», veniva portato alla stazione centrale di polizia (dove è stato rinchiuso in una cella isolata e guardato a vista), tra i fedeli si gridava: «Che cosa è accaduto», che la rapidità della scena non aveva permesso a tutti di rendersi conto dell'accaduto. L'ULTIMO SORRISO Sollevato premurosamente il Mahatma veniva portato a braccia all'interno della «Birla House», nella disadorna stanzetta che ha visto i suoi digiuni. Il medico indù C.L. Quamara, che era tra i fedeli, si precipitava a soccorrere Gandhi, mentre dalla folla si levavano alte grida di raccapriccio e disperazione, egli constatava che il Mahatma era stato colpito al ventre e al cuore. Rianimato Gandhi abbozzava un sorriso, faceva un gesto con la mano per calmare i fedeli in lacrime, inginocchiati ai piedi del suo lettino e bisbigliava: «Non infierite sul mio assassino» e piegava il capo sul petto, morto. Erano le 17,46 (locali). La nipote Alva. dopo aver composto il cadavere dello zio, si portava davanti l'ingresso del palazzo e, impietrita dal dolore, senza lacrime, diceva alla immensa folla, che si accalcava nel giardino e fuori, a malapena contenuta dai cordoni di polizia, poche parole: Bapu è morto. Un urlo spaventoso partiva da migliaia di petti, mentre parecchie persone si davano a drammatiche manifestazioni di dolore, I negozi della città abbassavano le saracinesche. Il traffico veniva interrotto mentre tutta la città si riversava verso la Birla House (...). SUL FIUME SACRO La salma di Gandhi sarà trasportata solennemente domani sulle rive del fiume Iumna e là cremata su un alto rogo. La grande processione partirà dalla casa del defunto alle undici di domattina e giungerà sulle sponde del fiume sacro cinque ore dopo. «Grande Anima» è morto all'indomani della sua più grande vittoria e della sua più grande disfatta: l'India indipendente ma divisa. Pochi giorni fa, prima di interrompere il digiuno con la ormai storica aranciata, Gandhi aveva detto sorridendo: «Non ho paura di morire». Ma ora il sorriso gli si è fermato per sempre sulle labbra. Gandhi è morto e con lui forse muore la speranza della pacificazione dell'India.

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