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«Sotto il segno della fiamma per riscoprire gli antichi valori»

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Antonio [email protected] «Sono contenta di essere tornata in un partito che ha la fiamma nel simbolo, lo stesso con il quale iniziai a fare politica, nel 1967»: Adriana Poli Bortone,...

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«Sono contenta di essere tornata in un partito che ha la fiamma nel simbolo, lo stesso con il quale iniziai a fare politica, nel 1967»: Adriana Poli Bortone, leader di Io Sud, già sindaco a Lecce e ministro nei governi Berlusconi, ha annunciato l'altro giorno la sua adesione a Fratelli d'Italia. Un momento importante di un percorso di riunificazione della destra italiana che ora affronta la sfida delle elezioni europee. Onorevole Adriana Poli Bortone, quando e perché scelse per la prima volta di essere di destra? «La mia scelta politica si concretizzò un po' casualmente. Appartenevo a una famiglia di destra, il mio fidanzato di allora, da quasi cinquant'anni mio marito, era un dirigente del Movimento Sociale Italiano. Nel 1967 a Lecce c'erano le elezioni amministrative, così mio marito e, all'epoca, l'onorevole Spontiello, mi chiesero di entrare in lista. Io mi sentivo libera e padrona della mia vita, e ritenni di potermi permettere di fare politica. Su sei eletti del Movimento Sociale io fui quarta. Un bel risultato». Allora si chiamava Msi, c'era la fiamma e ora l'ha ritrovata. «Sì, mi sono convinta che la scelta migliore sia andare a "mettere qualche briciolina in più" in Fratelli d'Italia - Alleanza Nazionale, dove ritrovo quel simbolo nel quale mi riconosco: la fiamma, anche se, forse, l'avrei voluto più grande. Comunque c'è. Con quel simbolo abbiamo attraversato i momenti più belli della nostra destra con persone bellissime: Almirante, Romualdi, Tripodi... personalità veramente notevoli». Come si è svolto il suo avvicinamento a FdI-An? «Ora comincio ad avere delle certezze, dopo la diaspora di Alleanza Nazionale. Perché dall'annullamento di An c'è stata una vera e propria diaspora, ho visto tanti amici che erano in An nelle più disparate formazioni politiche. Ed è stata un'utopia la nostra, quella di qualche mese addietro, quando pensammo che bastasse lanciare l'idea del Movimento per Alleanza Nazionale per ritrovarci tutti insieme. Ci siamo ritrovati abbastanza insieme, molti, ma non tutti. Io mi ero ritagliata il mio spazio meridionalista, faticosamente tenuto in piedi, perdendo molti pezzi, perché io rimango sempre un'utopista». Che vuol dire, oggi, essere donna di destra? «È sempre uguale, come tanti anni fa. E non sono mai stata per le quote, la parità di genere mi convince nel senso che la presenza femminile deve essere sempre più qualificata e non solo maggiore. Potrebbe essere positivo, per un periodo transitorio, imporre di votare per un uomo e per una donna. Ma il vero problema è: i partiti sanno offrire il meglio all'elettorato, tanto per gli uomini, quanto per le donne?» Cosa si potrebbe fare? «Mi piacerebbe un percorso universitario, per preparare le persone ad affrontare le assemblee elettive. Vedere certi spettacoli, oggi, in Parlamento, è avvilente. Le persone vengono scelte da oligarchie partitiche... ma la politica è una cosa più seria. Vorrei una Università della Politica che preparasse le persone ad affrontare le elezioni. E potrebbero dedicarsi alla politica solo quelli che hanno superato gli esami di questa università».

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