L’Italia riscopre il suo petrolio: più trivellazioni contro la crisi
Ci voleva la crisi per far riconsiderare al governo le potenzialità energetiche del nostro Paese, a cominciare dal maggiore sfruttamento dei giacimenti petroliferi. A svelare il maggior interesse per l’attività estrattiva in Italia, con l’obiettivo non solo di migliorare la bolletta energetica nazionale ma anche come opportunità per creare nuovi posti di lavoro, è il Wall Street Journal. Il quotidiano finanziario americano scrive che «per contrastare la crisi, l'Italia sta puntando a facilitare l'estrazione di idrocarburi sul suolo nazionale, offrendo alle amministrazioni locali maggiori quote dei proventi della produzione per superarne l'opposizione». L’attenzione è concentrata sulla Basilicata, «per molto tempo chiamata il Texas d'Italia per le proprie riserve di petrolio, talmente abbondanti da far zampillare bolle di greggio». Ma finora questi giacimenti non sono stati sfruttati pienamente per l’opposizione delle amministrazioni che, scrive il WS, «lamentavano guadagni inadeguati e si preoccupavano dei possibili danni al turismo e all’ambiente». Ora però la crisi ha indotto il governo ad adottare nuove politiche per «facilitare la strada alle trivellazioni di Eni e di altre grandi compagnie petrolifere». L’obiettivo è «duplicare la produzione annuale di petrolio del Paese e tagliare i costi di importazione di energia di circa un quarto entro il 2020». L’operazione non è velleitaria. L’Italia può essere considerata, in modo inaspettato, davvero un Paese di interesse petrolifero. Secondo British Petroleum l'Italia avrebbe nel proprio sottosuolo riserve per 1,4 miliardi di barili, seconde solo a quelle dei giacimenti offshore di Norvegia e Regno Unito. Marco Brun, capo delle operazioni italiane di Royal Dutch Shell spiega che il gruppo anglo-olandese, «sta cercando di triplicare i propri investimenti e di impiegare diverse centinaia di milioni di euro nel Paese». Ma questa ricchezza finora è stata poco sfruttata proprio perchè le amministrazioni locali «hanno reso vani gli sforzi di espandere la produzione petrolifera». Il Wall Street Journal sottolinea che «c’è voluta gran parte degli anni '90 affinchè l’Eni raggiungesse un accordo con i politici locali su come ripartire i proventi della Val d'Agri, che ad oggi è il più grande campo petrolifero onshore in Europa». Per superare queste opposizioni, il governo l’anno scorso ha apportato delle modifiche per consentire più royalties alle casse locali, con una quota maggiore stanziata per le infrastrutture regionali. Inoltre ha semplificato le procedure di richiesta e ha aperto aree offshore all'esplorazione, sebbene il ministro dello Sviluppo Economico abbia dimezzato le aree disponibili nel mese di settembre. «Mentre prima le compagnie petrolifere dovevano navigare in una selva di agenzie regionali e centrali per i diritti di trivellazione, adesso queste sono soggette a un processo di autorizzazione coordinato dal governo centrale», scrive ancora il Wall Street Journal. I risultati di queste agevolazioni si vedono. La produzione di petrolio giornaliera in Italia è salita a 112 mila barili dopo essere scivolata negli ultimi anni e il governo, scrive il giornale finanziario, «ha previsto che il raddoppio porterà 25 mila posti di lavoro e quasi 3 miliardi di gettito fiscale supplementare in un anno. Inoltre la bolletta energetica sarà ridotta di 14 miliardi entro il 2020». Il quotidiano Usa dà quindi voce a Giuseppe Tannoia, senior vice president, responsabile E&P Eni per l'Europa meridionale e orientale. «Quando sono stato assunto la missione era: andare nel mondo e trovare idrocarburi per il bene del Paese, ora li sto cercando in Italia». Il Wall Street Journal dà i dati del business. «Il campo della Val d'Agri ha creato un mini boom per la Basilicata: tra il 2008 e il 2012, Eni e Shell hanno pagato alla regione quasi 500 milioni in royalties. Eni e Shell hanno già i permessi di aumentare la produzione a 104 mila barili e stanno spingendo per avere il permesso di aumentarla a 129 mila barili; Total, Shell e la società di trading giapponese Mitsui stanno investendo 1,6 miliardi per sfruttare un campo vicino chiamato Tempa Rossa». Esso stima in 440 milioni i barili di riserve recuperabili, e i dirigenti petroliferi dicono sia il più grande giacimento onshore poco sviluppato dell'Europa occidentale.