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La famiglia Monaci imbarazza il Professore, ma anche i Democratici

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Alcentro, neanche a dirlo, il caso Monte dei Paschi di Siena. E soprattutto la necessità di difendersi dall'affondo lanciato da Mario Monti in mattinata. «Con la vicenda Mps il Pd c'entra - ha tuonato il Professore -. Basta commistione tra politiche e banche». Il diritto di replica tocca al tesoriere dei Democratici Antonio Misiani: «Ma il Monti che attacca il Pd sugli incroci politica-banche è lo stesso che ha candidato nella sua lista alla Camera in posizione eleggibile Alfredo Monaci, già membro del Cda di Mps dal 2009 al 2012 con Mussari, ex presidente di Biver Banca e tuttora presidente di Mps immobiliare?» Rincara la dose Francesco Boccia: «Siamo al dottor Jekyll e Mr. Hyde? Mi chiedo se il Monti che dichiara sul Monte dei Paschi sia lo stesso che ha candidato nella sua lista, passata al vaglio da Bondi, al numero tre in Toscana, il dottor Alfredo Monaci». Tutto vero. Alfredo Monaci, classe 1955, è effettivamente il terzo candidato dietro Andrea Romano e Edoardo Nesi, nella lista della Camera in Toscana. E non si tratta esattamente di una «scelta civica». Certo, Monaci non è mai stato parlamentare e a suo carico, che si sappia, non risultato né condanne né procedimenti penali. Peccato che il suo nome sia legato a doppio filo con le vicende politiche e finanziarie della città di Siena. Alla faccia del rinnovamento. Tra l'altro il Pd non fa certo una scelta lungimirante quando, attaccando Monti, dimentica che un altro Monaci, Alberto fratello di Alfredo, è un esponente di spicco del partito. Addirittura presidente del Consiglio regionale della Toscana. Ex uomo forte della Dc a Siena, ex Margherita, Monaci (Alberto) è all'origine del «regolamento di conti interno» che ha dilaniato il Pd locale e portato alle dimissioni di Franco Ceccuzzi. Tutto comincia quando Ceccuzzi decide di «rinnovare» il management del Monte dei Paschi. Tutti a casa e spazio ad Alessandro Profumo. Alfredo Monaci, stando agli «accordi», dovrebbe diventare vicepresidente della banca. Ma ciò non accade. Al suo posto Marco Turchi, figlio di Carlo (storico commercialista del Pci), che dopo una vita nei collegi sindacali delle banca, entra in Cda. Si tratta di un uomo fidato di Ceccuzzi e tanto basta per scatenare la battaglia politica. Alberto, che in consiglio comunale può contare su sei consiglieri «fedeli», si schiera a difesa del fratello e minaccia la crisi della Giunta. Il sindaco, dopo vari tentativi di rimediare, è costretto a mollare. Insomma ancora una volta, dalle pieghe delle vicende senesi, emerge l'esistenza di un sistema in cui politica e finanza altro non erano che due facce della stessa medaglia. E dove ognungo, alla fine, ha i suoi scheletri nell'armadio.Nic. Imb.

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