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Squinzi presenta la terapia d'urto per la crescita

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Servonoscelte immediate, forti e coraggiose. Senza queste scelte nei prossimi anni non cresceremo più dello 0,5% l'anno e l'alternativa è il declino». È uno scenario a tinte fosche quello che ha tracciato il presidente della Confindustria Giorgio Squinzi che ha presentato un documento di proposte per la politica in vista del voto. Dopo Cisl e Uil anche gli imprenditori consegnano ai partiti la loro agenda con le riforme da avviare subito nella prossima legislatura per far ripartire l'economia. Il documento di Confindustria dal titolo «Crescere si può, si deve, è possibile», è «una vera e propria tabella di marcia fino al 2018» che ha il carattere di una «terapia d'urto». Si tratta di «un progetto di ampio respiro, insieme ambizioso e realizzabile - si legge nel documento - che non guarda al consenso ma alla crescita, che dice la verità su quello che serve per il bene del Paese»; perché «non bastano poche singole misure per risollevare l'Italia e sottrarla alla stagnazione». La terapia d'urto prevede di «mobilitare 316 miliardi di euro in cinque anni». Le prospettive di questa cura da cavallo sono positive: il tasso di crescita si innalzerà al 3%; il Pil aumenterà in cinque anni di 156 miliardi di euro (al netto dell'inflazione), +2.617 euro per abitante; l'occupazione si espanderà di 1,8 milioni di unità, il tasso di occupazione salirà al 60,6% nel 2018 dal 56,4% del 2013 (+4%) e il tasso di disoccupazione scenderà all'8,4% dal 12,3% atteso per il 2014. Sul mercato del lavoro Squinzi dice che «occorre più flessibilità» perché la riforma Fornero «non è stata sufficiente per una vera liberalizzazione e flessibilità del mercato». Nessun endorsement, nessuna indicazione di voto. «Confindustria non è un partito ma una associazione apartitica quindi il dibattito politico ci interessa solo da normali cittadini», spiega il presidente e a chi lo interroga sulle autorevoli candidature quali Galli e Bombassei, risponde: «autorevoli esponenti non è il termine esatto...forse del passato». Poi: «vi ricordo che chi si candida si autosclude». Ecco la terapia che propone Confindustria: «il pagamento immediato di 48 miliardi di debiti commerciali accumulati da Stato ed enti locali; il taglio dell'8% del costo del lavoro; cancellare per tutti i settori l'Irap; lavorare 40 ore in più all'anno ma detassate e decontribuite; il taglio dell'Irpef sui redditi più bassi e l'aumento dei trasferimenti agli incapienti; aumento del 50% degli investimenti in infrastrutture; sostegno a ricerca e nuove tecnologie e taglio del costo dell'energia». Un pacchetto, quindi, grazie al quale, secondo Confindustria, si potrà rilanciare la crescita economica italiana, «rendendo efficiente la burocrazia e tagliando e razionalizzando la spesa pubblica, dismettendo e privatizzando una parte del patrimonio pubblico, armonizzando gli oneri sociali, riordinando gli incentivi alle imprese, aumentando del 10% l'anno gli incassi dalla lotta all'evasione fiscale e armonizzando le aliquote ridotte Iva in vista di rimodulazione in ottica Ue e per reperire risorse destinate alla riduzione dell'Irpef sui redditi più bassi». Questa terapia dovrà essere accompagnata da un processo di riforme. Per far ciò, prosegue Confindustria, «abbiamo bisogno di un'Italia veramente liberale, di creare quindi un nuovo contesto, riformando il Titolo V della Costituzione e riportare allo Stato le competenze di interesse nazionale, ridurre i livelli di governo, e organizzare la pubblica amministrazione, tutelare i cittadini e le imprese dagli abusi compiuto dagli organi pubblici, ridurre le regole e rimuovere tutti gli ostacoli al fare impresa e ridurre il peso del fisco sulle imprese».

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