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Monti e Ingroia all'attacco Bersani è accerchiato

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Scavalcato a sinistra, «scaricato» dal premier Il leader del Pd vede assottigliarsi il vantaggio

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Unapartita in cui la squadra in vantaggio si chiude stremata in difesa e spera solo che il fischio finale arrivi in fretta. Pier Luigi Bersani vede il vantaggio assottigliarsi sempre più nei sondaggi e scopre che non è Silvio Berlusconi il nemico da affrontare, bensì i più vicini Monti e Ingroia. E non è un caso che negli ultimi giorni gli attacchi del leader Pd si stiano concentrando soprattutto in queste due direzioni, l'unico modo per arrestare l'erosione dei consensi dei Democratici. Ieri il leader del Pd ha proseguito il suo tour nelle città facendo tappa in provincia di Roma, ad Albano e Marino. Al suo fianco il segretario regionale del Lazio Enrico Gasbarra e Nicola Zingaretti, candidato alla presidenza della Regione. Ma più che della corsa alla poltrona di Renata Polverini, considerata già vinta dai vertici di via del Nazareno, il segretario ha parlato soprattutto di politica nazionale. E, complici gli ultimi strali arrivati da Mario Monti ai microfoni di Ballarò, («Ho grande sfiducia in Berlusconi e Bersani», ha detto il Prof a Floris) il segretario del Pd si è rivolto al premier in maniera mai così dura: «Non mi faccio fare le pulci da chi ha creato il problema degli esodati», ha tuonato abbandonando quell'immagine di «forza tranquilla» che aveva provato a incarnare in avvio di campagna elettorale. E per radicalizzare ancora di più lo scontro ha spiegato che «un miliardario e un tecnico sono troppo lontani dalle questioni sociali». Peccato che, nelle stesse ore, il presidente del gruppo socialista al Parlamento europeo, l'austriaco Hannes Swoboda, non nascondesse la sua preferenza per Monti come partner di coalizione in un governo guidato dal Pd, piuttosto che il leader di Sel Nichi Vendola. «Se Vendola non accetta il trattato sul bilancio Ue, è fuori dalla partita», ha detto Swoboda. Se nel fianco destro della «gioiosa macchina da guerra» si stanno aprendo delle crepe, in quello sinistro va ancora peggio. È il risultato delle scelte fatte finora da Bersani. Impossibilitato a rompere del tutto col Prof in vista degli equilibri post-voto, il segretario ha lasciato troppo scoperta l'ala massimalista. E Ingroia non fa altro che approfittare del vuoto che si è creato. Al punto che ieri la deputata Rosa Calipari si è lamentata espressamente con l'ex pm: «Sono incomprensibili le sue polemiche - ha accusato - sembra avere come unico obiettivo quello di attaccare il Pd. Ci chiediamo chi sia per lui il vero avversario». Domanda retorica, almeno a sentire quanto ammesso da Luigi De Magistris: «Noi dobbiamo prendere tanti voti per spostare gli equilibri a sinistra, in modo da scongiurare un'alleanza tra Monti e Bersani». Alleanza che, però, lo stesso Monti sembra scongiurare: «Non entrerei mai in un governo con Vendola». «Cornuto e mazziato», il segretario prova a difendersi come può. Da un lato attacca il Prof, dall'altro manda in televisione Renzi sperando recuperi i voti di quei moderati che nel corso delle primarie si erano avvicinati al Pd proprio grazie al sindaco di Firenze. Da un lato prova ad attrarre gli elettori di Ingroia promettendo di rivedere le spese per gli F35, dall'altro definisce «peloso» il ragionamento di chi punta ad «azzoppare» la vittoria del centrosinistra alle elezioni. Sullo sfondo c'è l'incedere quotidiano di sondaggi sempre meno favorevoli: ieri è stato il turno della rilevazione di Tecnè per Skytg24, col centrosinistra sceso al 34,8% e il centrodestra salito al 27,6. La forbice è quindi scesa per la prima volta sotto l'8%. Abbastanza per considerare ancora al sicuro il successo alla Camera, ma non per stare tranquilli al Senato. Come peraltro ha candidamente ammesso Massimo D'Alema: «Le elezioni le vincerà Bersani, su questo non c'è dubbio, ma bisognerà capire che tipo di maggioranza potrà esserci al Senato». «L'auspicio - ha continuato D'Alema - è che in questi giorni il voto si concentri e che chi vuole cambiare il paese capisca che c'è un'unica grande forza che può farlo e siamo noi». Il voto utile, insomma. L'arma da agitare quando mancano pochi minuti alla fine e il risultato diventa sempre più incerto. L'aveva evocata anche Veltroni. Che non aveva vinto le elezioni ma aveva cancellato l'estrema sinistra dal Parlamento. Ma ora i vari Dilibero e Ferrero sono tornati. Enon vedono l'ora di vendicarsi.

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