Cameron chiama gli inglesi a decidere se restare nella Ue
Rispondendoalle pressioni dagli euroscettici anche nel suo partito, il premier ha detto che il Regno Unito, che si unì alla Comunità Economica Europea 40 anni fa, non vuole uscirne, ma che la delusione per l'Ue «è a picchi mai così alti». «È tempo che i britannici possano dire la loro – ha detto – è il momento di risolvere la questione europea nella politica britannica». E il suo partito, Tory, farà campagna elettorale nel 2015 promettendo di rinegoziare l'adesione all'Ue. Cameron ha infatti spiegato che alle prossime elezioni chiederà ai britannici «che autorizzino il governo conservatore a negoziare un nuovo accordo con gli alleati europei»; e sottoporrà a referendum questo «nuovo accordo» con l'Ue. «Daremo ai britannici un referendum con una scelta molto semplice, rimanere nell'Ue con queste nuove condizioni o venirne fuori complessivamente. Sarà un referendum dentro o fuori». Alla Ue ha chiesto maggiore flessibilità, di evitare una maggiore integrazione politica e restituire poteri al Parlamenti nazionali (Londra farà un audit per capire quali poteri ora in capo a Bruxelles possano essere restituiti ai Paese membri), una «ricetta» che sarà difficilmente vendibile agli altri partner. Cameron ha accompagnato la sua proposta con un'appassionata difesa della permanenza all'interno dell'Ue (ha detto che lotterà «con il cuore e l'anima», ma per un'Unione più snella e competitiva, costruita attorno a un mercato unico consolidato) e ha avvertito gli elettori che, se il Paese deciderà di uscire, sarà «un biglietto d'andata, e non un biglietto d'andata e ritorno». «Non sono un britannico isolazionista», ha osservato, ma ha insistito che il blocco deve cambiare e raggiungere una maggiore competività in un momento in cui aumenta la distanza con i cittadini. «Non voglio solo un miglior accordo per il Regno Unito, voglio anche un miglior accordo per l'Europa», ha aggiunto, denunciando la «sclerosi» nei meccanismi decisionali a Bruxelles. «So che ci sarà chi dirà che la visione delineata è impossibile da realizzare, che i nostri partner non collaboreranno, che il popolo britannico si è posto su un inevitabile cammino di uscita; e che se non stiamo bene dopo 40 anni nell'Ue, non staremo mai bene. Ma mi rifiuto di assumere un atteggiamento disfattista, per la Gran Bretagna o per l'Europa». E mentre il premier parlava la sterlina è scesa ai livelli minimi sul dollaro da 5 mesi mesi. Egoista e ignorante: così i partner europei hanno liquidato gelidamente la richiesta del premier britannico, David Cameron, di riforma radicale dell'Ue accompagnata da un referendum sull'adesione da parte del Regno Unito. Il presidente francese, Francois Hollande, ha ricordato a Londra che «essere membro dell'Ue comporta degli obblighi». Più critico il suo ministro degli Esteri, Laurent Fabius, il quale ha detto che «se la Gran Bretagna vuole lasciare l'Ue, srotoleremo il tappeto rosso» (una sarcastica replica a Cameron che l'anno scorso aveva usato le stesse parole per annunciare la disponibilità ad accogliere in Gran Bretagna i ricchi francesi, in fuga dal fisco).