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I 5 Stelle contro Ingroia: «Ma quale Rivoluzione, vuole allearsi col Pd»

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Sonoinfatti queste le critiche che Pietro Ricca muove al movimento di Ingroia con un post pubblicato sul sito di Beppe Grillo: «Ho guardato le liste, studiato un po' l'operazione e devo dire che Rivoluzione civile non mi convince. La stima per il magistrato Ingroia è fuori discussione, come pure il fatto che molti punti del suo manifesto sono condivisibili. Quel che mi lascia perplesso sono i seguenti elementi». Ricca passa ad elencare: «Il leaderismo. Si punta tutto sul nome di Ingroia, messo a caratteri cubitali nel simbolo, candidato in tutte le circoscrizioni, specchietto per le allodole, come Berlusconi». Secondo peccato: «L'ambiguità magistratura-politica. Quando sei così esposto per le indagini che hai condotto, da ultima quella su Stato e mafia, dovresti riflettere un po' di più prima di andartene in Guatemala e poi entrare in politica, dopo settimane di traccheggiamenti e senza prima prendere la decisione, non obbligatoria ma in questo caso opportuna, di dimetterti dalla magistratura. Altrimenti contribuisci ad alimentare la critica, non sempre in malafede, di politicizzazione della giustizia». Terzo, «il maquillage. Dietro il nome di Ingroia e la facciata riverniciata di arancione, ci sono tre o quattro piccoli partiti destinati all'estinzione parlamentare: Idv, Pdci, Prc, Verdi. Se l'operazione 4% va in porto, questi piccoli partiti già di fatto estinti piazzeranno alla Camera i loro dirigenti, candidati tutti in pole position. Più che di rivoluzione civile si tratta di riciclaggio politico». Quarto peccato è «l'unione artificiale fra diversi. Quanto ci metteranno questi signori a dividersi? Il tempo di poche sedute parlamentari, prevedo. Troppo diversi, troppi galletti di inconciliabile estrazione in un medesimo pollaio. Suvvia», esorta Ricca prima di passare al quinto peccato: «Il rapporto con il Pd. Se decidi di entrare in campo, come dici, contro il Montismo e per una piattaforma di laicità e riforma radicale, non puoi continuare a proporti al Pd, che ha la sua storia, i provvedimenti di Monti li ha tutti votati in parlamento e non ha mai fatto mistero di volersi alleare con il centro dopo le elezioni». Si passa al sesto peccato: «Il criterio di selezione dei candidati. Chi ha deciso la posizione in lista dei candidati? Il ruolo delle assemblee locali, a quanto risulta, non è stato tenuto in alcun conto, per esempio a Milano». Infine, settimo peccato, «l'ispiratore dell'operazione è stato Luigi De Magistris, che pure non è in lista ma ha anch'egli piazzato qualche suo uomo in pole per la Camera». Ma, è l'obiezione, «dovrebbe pensare a fare il sindaco».

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