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Mario trasferisce la sua campagna a Davos tra i big della finanza

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«ResilientDynamism», dinamismo elastico, è il titolo del grande evento economico e mediatico che radunerà fino al 27 gennaio oltre 2.500 partecipanti di 100 paesi, convocando 50 capi di stato e di governo e 1.500 esponenti top del mondo della finanza e dell'industria. Oltre al presidente del Consiglio sono attesi a Davos Dmitry Medvedev, primo ministro russo, il premier britannico David Cameron e la cancelliera tedesca Angela Merkel. Saranno presenti anche Muhtar Kent presidente e ceo di Coca Cola, Huguette Labelle, presidente di Transparency International, Andrew Liveris, presidente e ceo di Dow Chemical, Atsutoshi Nishida, presidente di Toshiba e Axel Weber, presidente della grande banca svizzera UBS. Se lo scorso anno il Forum fu caratterizzato dalla discussione sul futuro dell'Europa e la moneta unica questa edizione, scongiurato almeno per ora il rischio di una frantumazione dell'Euro, si concentrerà invece sui rischi che incombono su due grandi aree geografiche: gli Stati Uniti che ancora non hanno pienamente risolto il problema del «fiscal cliff» visto che di qui a poche settimane dovranno essere presentate e approvate le misure concrete di tagli alla spesa pubblica e tutta la zona del Nord Africa, al centro in questi giorni di rinnovate tensioni dopo alcuni significativi cambiamenti di assetti politici politici avvenuti fra 2011 e 2012. I capi delle grandi corporations americane, ad esempio, saranno chiamati a rispondere perchè oltre 1,6 trilioni di dollari della loro liquidità è parcheggiato fuori dai confini nazionali e perlopiù in paradisi fiscali al solo fine di evitare le tasse in un momento nel quale i tagli alla spesa pubblica rischiano di colpire le classi meno abbienti. Sarà affrontato il nodo della crescita globale. E i rischi maggiori? «Global Risks 2013», il rapporto preparato appositamente per il Forum individua tre pericoli principali per l'economia globale nel nuovo anno: la crescente divaricazione fra ricchi e poveri non solo fra paesi e aree del mondo ma anche all'interno delle stesse nazioni industrializzate, un non più sostenibile livello di indebitamento dei governi che genera cronici squilibri fiscali e infine la crescente emissione di gas serra.

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