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I Democratici aprono a Monti "Se vinciamo chiederemo il suo appoggio"

Il segretario del Pd Pierluigi Bersani

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Ma dal Prof per il momento non arriva nessun ammiccamento. Anzi. Le ulteriori accuse ai partiti, colpevoli di aver ostacolato le riforme del proprio governo, dimostrano come il premier voglia giocarsi le sue carte fino in fondo. Parlare di alleanze ora «è prematuro». Poi, in politica mai dire mai. Odi et amo. Il rapporto tra il Partito democratico e Mario Monti vive da oltre un anno sul filo sottile della duplicità. Ma se fino a dicembre, pur criticandone alcune scelte, i Democratici avevano votato tutti i provvedimenti varati dal governo del Prof e il baricentro della relazione pendeva verso il sereno, dalla «salita» in politica del premier tutto è cambiato. Il «rispetto», a sentire quello che dice è Bersani, è rimasto. Ma a esso si è affiancata la battaglia elettorale con quello che forse non sarà un avversario, ma di certo è un «competitor». Toni sempre più duri fino alle parole di ieri di Letta. Comprensibili da parte di chi, immaginando una vittoria «zoppa» al Senato, sa che sarà impossibile per il Pd governare il Paese senza allargare la maggioranza. «Puntiamo a vincere le elezioni e dopo chiederemo al centro e ai montiani di sostenere il governo Bersani», ha spiegato il vicesegretario. «Crediamo sia possibile - le sueconclusioni - a partire dai temi del lavoro e dell'occupazione». Un concetto ribadito qualche orapiù tardi da Pier Luigi Bersani. «Dico da tre anni che intendo lavorare per un governo dei progressisti aperto a un dialogo con forze democratiche progressiste e moderate che siano ostative a un revival berlusconiano, leghista e populista. E rimango fermo su questo», ha chiarito il segretario. Senza rinunciare, però a una frecciata al premier. «Monti deve dirci contro chi combatte». Il riferimento è alla decisione dei centristi di schierare Gabriele Albertini come capolista al Senato in Lombardia. Una mossa che rischia di indebolire ulteriormente le possibilità del centrosinistradi trionfare nella regione più importante per la conquista di Palazzo Madama, specie dopo l'alleanza Pdl-Lega. «A me va bene tutto - ha detto Bersani proprio sulla candidatura di Albertini - purché queste mosse non aiutino a togliere le castagne dal fuoco a Berlusconi e alla Lega. Se lo facessero non andrebbe bene e bisognerebbe rispondere di questo. Vorrei capire da Monti contro chi combattono». Le ultime parole tradiscono il reale umore all'interno del Pd. Sempre più irritato per i toni usati dal premier in campagna elettorale. «Non intendo affatto essere aggressivo con Monti, ma non intendo star zitto se sento cose che non condivido», ha ammesso il segretario a Sky Tg24. E, tanto per mettere le cose in chiaro, Bersani fa le pulci a molti dei provvedimenti attuati dal Prof in un anno di governo: «Certe cose della riforma Fornero non ci convincono - ha spiegato -. Contro la precarietà non si è creato un meccanismo di convenienza nel rapporto tra precarietà e stabilizzazione. Invece di arrivare all'obiettivo di una stabilità che costa meno e una precarietà che costa di più, ora abbiamo una precarietà che costa di più ma una stabilità che non costa di meno». Mentre sull'Imu il segretario del Pd ha segnalato che «oggi tutti parlano di ridurla, ma non si poteva fare in questi anni o in questi mesi? Il governo, in fondo, è stato in carica fino ad un mese fa». L'attacco finale è basato sulla scelta del premier di dare vita all'ennesima lista personale della politica italiana: «In quale posto al mondo - si chiede il segretario - esistono sistemi politici impostati su persone? Tutte le democrazie si basano su leaderhsip che rispondono a colletivi politici che rimangono dopo le leadership e che danno al sistema stabilità e flessibilità». «Il Pd è alternativo all'organizzazione del sistema politico che abbiamo visto da 10, 15, 20 anni a questa parte - conclude il leader dei Democratici - e sarò l'unico che non mette il nome sul simbolo».

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