Luigi Frasca Aveva detto che già la candidatura a premier rappresentava, per lui, un atto totalmente contrario alla sua natura.
Maultimamente Mario Monti ha cambiato diverse volte idee e così oggi si eserciterà proprio in uno dei riti della politica al quale mai avrebbe pensato di prestarsi. Chiamarlo comizio, in realtà, è un po' una forzatura. Il premier infatti parteciperà a Dalmine, in provincia di Bergamo a un incontro a porte chiuse con tutti i candidati della sua lista. Ma le parole con le quali aprirà ufficialmente la sua campagna elettorale filtreranno comunque all'esterno, e c'è un alto grado di curiosità verso lo stile che adotterà in questo primo «one man show». Da quello che trapela, Monti cercherà di recuperare un po' quell'equidistanza che aveva smarrito negli ultimi giorni, tornando ad attaccare anche la sinistra. L'obiettivo è chiaro: in Lombardia, la regione-chiave per l'esito del voto nazionale, è più facile portare via qualche voto al centrodestra che al centrosinistra. Anche per ridare fiato alle mire di Albertini, molto indietro nella corsa al Pirellone secondo i sondaggi. L'ex sindaco di Milano non può certo affascinare gli elettori del Pd, più facile faccia presa su quei moderati che fanno fatica a riconoscersi nelle posizioni di Berlusconi e Maroni. Sempre Albertini si è reso protagonista, con gli altri due appartenenti della «triade» lombarda Ichino e Mauro, di un piccolo caso esploso ieri all'interno della coalizione centrista. I tre avrebbero infatti redatto un «decalogo del candidato» riservato a tutti quelli che correranno con la lista di Monti. Vi si leggono piccole regole di comunicazione e «sobrietà» che, però, in alcuni casi ricordano le stesse raccomandazioni che Berlusconi faceva ai suoi uomini prima di mandarli in tv: quindici pagine in cui si invoca ad abbandonare gioielli o vestiti sgargianti in televisione, a mantenere un atteggiamento di massima cortesia coi giornalisti, a ricordare che in tv per far passare un messaggio bisogna pensare di parlare a un ragazzino ecc ecc. Senonché la «direzione centrale» del movimento è stata informata solo a cose fatte, e così è scattata subito una reprimenda perché «i kit elettorali ricordano un'altra epoca». Così è stato lo stesso Ichino a cercare di smorzare il caso sul nascere: «È stato alzato un polverone su una cosa in realtà molto semplice e che non ha alcuna pretesa di essere un decalogo. Si tratta semplicemente - ha osservato l'ex Pd - di un sussidio a disposizione dei candidati. Una raccolta di informazioni e consigli molto semplici e anche opinabili». «Abbiamo informato Roma, naturalmente - la giustificazione del senatore - ma si tratta di un'iniziativa regionale che non ha carattere nazionale». Intanto, con il premier che si godeva un sabato di riposo in attesa della campagna elettorale, è stato Casini ieri ad assumersi l'onere di presentarsi davanti a microfoni e taccuini: «Non c'è nessun patto di non belligeranza in campagna elettorale tra Mario Monti e Pier Luigi Bersani», ha spiegato il leader dell'Udc, aggiungendo che «Le subordinate le discuteremo il giorno dopo delle elezioni perché vogliamo vincere ma pensare a un governo con un ministro come me e uno di fianco come Vendola mi sembra un film di fantascienza». Infine Casini ha ribattuto a chi vede un progetto centrista ancorato a basse percentuali: «Il terzo polo è appena cominciato, Monti incomincia domani (oggi, ndr) la sua campagna elettorale: siamo già verso il 15%, credo che potremmo essere la vera novità di queste elezioni».