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Il Cav pulisce le liste: «Via gli incandidabili»

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Scontro con Verdini. Ma alla fine restano fuori Cosentino, Dell'Utri, Milanese e Papa

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Televisivo.Per la prima volta ieri Berlusconi, dopo quasi 50 giorni di presenza ininterrotta di apparizioni in tv e radio (48 se si toglie il giorno di Natale), è rimasto in silenzio. Muto, almeno per quanto riguarda la campagna elettorale. Il motivo è che il leader del Pdl da ieri è chiuso a palazzo Grazioli per comporre le liste. E ci resterà anche oggi e probabilmente domani. Gli elenchi vanno consegnati entro le 20 di lunedì e fino all'ultimo ci saranno sorprese, esclusioni e promozioni. Berlusconi si è messo al lavoro esaminando la lunga operazione di «scrematura» che hanno fatto nell'ultima settimana il coordinatore Denis Verdini e il segretario Angelino Alfano. I quali ieri hanno fatto la spola tra gli uffici del Cavaliere e via dell'Umiltà. Ma la vera novità è che l'ex premier sembra essersi convinto della necessità di tenere fuori dalle liste i cosiddetti impresentabili, i candidati sotto inchiesta della magistratura. Una decisione maturata probabilmente nelle ultime ore sotto la spinta delle pressioni di una parte del partito – il segretario per primo – ma anche dalla scelta della commissione di garanzia del Partito Democratico di tenere fuori tre candidati, Crisafulli, Papania e Caputo. Decisioni «forti» che lanciano un segnale agli elettori che Berlusconi ha deciso di non sottovalutare. Soprattutto per non vanificare il suo lavoro di recupero dei voti dei moderati. Dunque addio – seppur con rammarico – agli «incandidabili». Del resto l'ex premier lo aveva ribadito venerdì sera a Canale 5 proprio sulla possibilità di presentare il senatore Marcello Dell'Utri: «Avrebbe tutti i diritti di essere in lista. Decideremo domani ma temo che dovremo chiedere a questi amici un sacrifico, cioè di non entrare in lista perché potrebbero fare sollevare delle critiche di chi, come la sinistra, direbbe che noi non abbiamo moralità». Dunque no al senatore siciliano e disco rosso anche per Marco Milanese, ex braccio destro di Giulio Tremonti, e Alfonso Papa. Ma no soprattutto a Nicola Cosentino, l'ex coordinatore regionale della Campania, difeso a spada tratta dal Cavaliere fino a qualche giorno fa. L'esponente del Pdl avrebbe però ottenuto al possibilità di far entrare in lista, in posizioni «blindate», alcuni suoi uomini. Così Luigi Cesaro dovrebbe correre in Campania 1 al terzo posto, mentre in Campania 2 sarebbero candidati Carlo Sarro (il senatore casertano di Piedimonte Matese verrebbe spostato a Montecitorio) e Giovanna Petrenga. L'ex ministro dei Rapporti con il Parlamento Elio Vito dovrebbe fare il capolista in Campania 1. Fra i riconfermati Gioacchino Alfano e Paolo Russo, mentre sono a rischio Mario Landolfi, Pasquale Viespoli, Vincenzo Nespoli e Amedeo Laboccetta. Complicata anche la situazione in Liguria, dopo la rinuncia a presentarsi di Claudio Scajola. In Senato potrebbe essere dirottato l'attuale portavoce Daniele Capezzone, addirittura capolista se Berlusconi decidesse di non presentarsi in tutte le Regioni per palazzo Madama. E in testa di lista potrebbero finire anche Michele Scandroglio Gabriele Boscetto e Franco Orsi. Alla Camera, invece, potrebbe correre Sandro Biasotti come capolista e dietro di lui ci sarebbe Eugenio Minasso e Roberto Cassinelli, che verrebbero così riconfermati. Partita apertissima per il Lazio, dove il puzzle delle candidature è ancora tutto da comporre. In questa regione dovrebbe essere «paracadutata» Maria Rosaria Rossi, la fedelissima del Cavaliere. E potrebbe trovare spazio anche Renata Polverini, l'ex Governatrice del Lazio, alla quale è stato promesso un posto. Promesse che però si scontrano con la disponibilità di posti «buoni». Nel Lazio alla Camera dovrebbero scattare, secondo le previsioni, tra i 7 e gli 8 seggi, al Senato tre o quattro. Dunque la lotta è durissima, anche se l'ultima parola spetterà a Berlusconi. Che dovrebbe anche decidere se tenere fuori dalla lista i «ribelli» che hanno partecipato alla manifestazione «Italia Popolare» del 16 dicembre a sostegno di Monti. Ma tra di loro ci sono molti parlamentari – come Andrea Augello – che hanno in portafoglio decine di migliaia di voti. Toglierli significherebbe lasciare sul campo una buona parte di elettori.

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