14 gennaio, sondaggio La7/Emg, Rivoluzione civile di Antonio Ingroia 5,2%, Sel di Nichi Vendola 4,1%.
Venerdì,Swg per Agorà, Sel scende dal 4,3% al 3,8%, Rivoluzione Civile sale di quasi un punto e arriva al 5,4%. Più delle parole poterono i numeri. Numeri presunti, ma che danno comunque il senso di ciò che sta accadendo a sinistra del Pd. Dove, da quando ha sciolto la riserva entrando in campo, il movimento guidato dall'ex procuratore aggiunto di Palermo è cresciuto progressivamente, mentre il governatore pugliese ha cominciato a precipitare. Un caso? La verità è che esiste una certa differenza tra la sinistra «di governo» e quella «di lotta». Vendola, spiega difendendo la propria scelta di allearsi con il Pd, ha scelto la prima via. Peccato che questo abbia provocato un'immediata emorragia di voti. Insomma, chi vuole l'anti-montismo duro e puro preferisce Ingroia. Che tra l'altro è anche più «di sinistra» di Beppe Grillo. La cosa, ovviamente, non è sfuggita a Pier Luigi Bersani che nella ultime settimane, complice anche la «risalita» di Silvio Berlusconi, ha cominciato a lanciare appelli alla responsabilità. Lasciando intravedere la possibilità di un «patto di desistenza» in alcune Regioni considerate in bilico per l'assegnazione della vittoria al Senato. Ma Ingroia, forse insoddisfatto per i termini dell'offerta democratica, forse galvanizzato dalla prospettiva di diventare l'unico vero polo di sinistra, ieri ha definitivamente interrotto le trattative. «Da questo momento - ha spiegato presentando all'hotel Nazionale di Roma i candidati capolista - Rivoluzione civile chiude la porta al dialogo con il Pd, che forse abbiamo lasciato aperta troppo a lungo, al di fuori dei calcoli elettoralistici. Ci rivediamo in Parlamento». «L'unico voto utile - ha aggiunto facendo esplicito riferimento ad un termine molto caro a Bersani e ai suoi - è quello a Rivoluzione civile, perché se avremo una presenza in Parlamento il centrosinistra dovrà fare i conti con noi e abbandonare le politiche liberiste del governo Monti. Berlusconi è politicamente finito, gli italiani sono vaccinati nei confronti di Berlusconi, il vero pericolo è Monti, più pericoloso ed insidioso». La sfida è lanciata, non resta che battersi. E Ingroia parte evocando, con malizia, uno degli argomenti che più scatena la rabbia degli elettori di sinistra nei confronti di chi li ha rappresentati in questi anni: il conflitto di interessi. «Il primo provvedimento da esaminare - avverte - dovrà essere quello sul conflitto di interessi, visto che Bersani non ha mai trovato il tempo per approvarlo negli ultimi 20 anni». Quindi rilancia: «Vedo Bersani in difficoltà. Evidentemente ci aveva sottovalutati e sta scoprendo ora dai sondaggi che ha in mano che tanto piccoli non siamo. È paradossale che io debba ricevere da lui lezioni di antiberlusconismo. Gli ricordo che se gli italiani hanno dovuto subire per 20 anni l'incubo berlusconiano è anche grazie al Pd e alla sua opposizione inesistente, a cominciare dalla legge sul conflitto di interessi che è la nostra priorità». Ma nel mirino dell'ex pm non c'è solo il candidato premier del centrosinistra. La competizione vera è con Vendola. Che finisce sotto il «fuoco amico» di tutti quelli che hanno deciso di confluire in Rivoluzione civile. Dal Pdci di Oliviero Diliberto a Paolo Ferrero e Rifondazione comunista, passando per i Verdi di Angelo Bonelli. Il più duro, però, è Antonio Di Pietro. Il leader dell'Idv è galvanizzato dalla nuova avventura che, da un lato gli ha permesso di fare «pulizia» nel partito senza doversi assumere la responsabilità di eventuali epurazioni (i malumori ci sono, ma nessuno può arrabbiarsi se i posti migliori sono stati offerti ad esponenti della società civile), dall'altro si sta rivelando più proficua del previsto. Così Tonino, attraverso il proprio blog, decide di inviare una lettera aperta a Vendola: «Caro Nichi, hai svenduto i nostri principi per allearti con i veterodemocristiani e per proseguire e supportare le politiche inique di un governo che, fino ad oggi, ha fatto pagare la crisi ai lavoratori, agli onesti cittadini, ai pensionati e ai giovani». «Avevamo fatto un accordo per costringere il Pd a restare nel centrosinistra - prosegue - e per mettere in campo delle politiche realmente alternative al montismo e al berlusconismo. Invece Bersani ha preferito allearsi sottobanco con Monti e tu lo hai seguito su questa via, tradendo i tuoi elettori. Comunque saranno i cittadini a fare insieme a noi la vera Rivoluzione Civile e a far comprendere cosa significhi realmente il voto utile, che è quello dato a chi difende i lavoratori e non a chi appoggia le banche». Il leader di Sel, ospite di Tgcom24, replica stizzito definendo «davvero triste» la lettera di Di Pietro: «Mi auguro che il suo codice di interlocuzione non si avvalga di antiche modalità staliniste. Loro in realtà non vogliono andare al governo, mentre io ho scelto una difficile sfida nel senso opposto. Voglio portare la sinistra al governo, non a cantare alla luna. Dubito comunque che la lista Ingroia possa togliere voti a noi, anche perché c'è una divaricazione molto forte tra la sinistra radicale e quella di governo». I sondaggi, per ora, dicono che la prima sta vincendo la sfida.