Rispettare un impegno garantito dalla costituzione a qualsiasi cittadino, quindi anche Silvio Berlusconi: quello di candidarsi per le elezioni politiche.
Unadecisione di buon senso, secondo i difensori dell'ex premier. E che è in netta contrapposizione con quanto invece ha deciso lunedì scorso sempre il tribunale di Milano nel processo Ruby. In quel caso la richiesta di fermare il processo è stata respinta accogliendo le obiezioni del pubblico ministero Ilda Boccassini. La quale sembra invece avere una gran fretta di arrivare a sentenza proprio durante la campagna elettorale. «La Boccassini ha un modo di fare che non ha senso – spiega Francesco Paolo Sisto, avvocato, deputato del Pdl e membro della commissione Giustizia – Quello che succede nel tribunale di Milano succede solo perché c'è Berlusconi». «La decisione del processo Unipol invece – spiega – risponde a un criterio di opportunità ma rispetta anche alcune sentenze proprio dei giudici milanesi. Di opportunità perché è chiaro che una sentenza può avere un'influenza sul voto politico. Specialmente in un caso come questo in cui non si tratta di un giudizio definitivo. E che quindi potrebbe essere capovolto nel grado successivo. E questo vale sia in positivo sia in negativo. Insomma è una questione di buon senso oltre che di attenzione ai principi costituzionali di separazione tra il potere politico e quello giudiziario. Oltretutto la sospensione del processo sospende anche la prescrizione, quindi non c'è motivo di fare polemica». «Ma c'è anche un precedente – conclude Sisto – Nicoletta Gandus, il giudice del processo Mills, sospese le udienze dal 7 marzo fino al 18 aprile 2008. Proprio per consentire a Berlusconi di fare la campagna elettorale». Buon senso che sembra non aver avuto il pm Ilde Boccassini. La quale, lunedì scorso, si è opposta alla richiesta degli avvocati di Berlusconi sostenendo che il Cavaliere «non è il segretario politico nazionale del partito e non è nemmeno il candidato premier». «L'ex presidente del Consiglio – ha proseguito – ha scelto sempre di non presentarsi in aula, se non per rilasciare dichiarazioni spontanee e dunque se il nodo non è giuridico ma di opportunità politica, la questione non dovrebbe entrare in dibattimento». Una tesi accolta in pieno, dopo quattro ore di camera di consiglio, dal collegio presieduto da Giulia Turri. Ieri, invece, il suo collega Oscar Magi ha preso una strada completamente diversa, cancellando l'udienza già fissata per il 7 febbraio e spostandola a un mese dopo. Per i giudici la richiesta della difesa di Berlusconi, formulata in base all'articolo 159 del Codice penale, non è giustificata dall'esistenza di un legittimo impedimento. Tale articolo, tuttavia, prevede che l'istanza di sospensione possa essere «motivata anche dall'esercizio di diritti estranei alla difesa e al contraddittorio purché dotati di significativa rilevanza e non puramente dilatori». Inoltre in questo caso «si tratta di riconoscere esigenze legate all'esercizio di un diritto riconosciuto quale quello di cui all'articolo 51 della Costituzione». Una decisione che è stata duramente contestata dagli avvocati di Piero Fassino, i quali, lo scorso 20 dicembre, avevano chiesto una condanna di un anno per Berlusconi e di tre anni e tre mesi per il fratello Paolo, il quale risponde non solo di rivelazione di segreto d'ufficio ma anche di ricettazione. I legali del Cavaliere, il 17 gennaio, hanno chiesto l'assoluzione.