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Luigi Frasca Inchiesta nuova, Lega vecchia.

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Martedìsera la Guardia di Finanza di Milano, su ordine del pm Maurizio Ascione, ha infatti perquisito le sedi del Carroccio di Milano e Torino. L'inchiesta riguarda presunte irregolarità sulle quote latte e parte dal fallimento della cooperativa di agricoltori milanesi «La Lombarda» chiusa con un buco di 80 milioni di euro. Gli inquirenti ipotizzano il reato di bancarotta. Ma starebbero anche cercando di verificare se ci siano stati versamenti di mazzette a funzionari pubblici e politici per permettere agli agricoltori, attraverso interventi ministeriali e legislativi, di ritardare i pagamenti all'Unione europea. Umberto Bossi e Roberto Maroni, presenti in via Bellerio quando le Fiamme Gialle sono arrivate, hanno fatto gli «onori di casa» assieme a Roberto Calderoli e Roberto Cota. In un primo momento si era diffusa la notizia che gli esponenti leghisti avessero sollevato la questione dell'immunità parlamentare impedendo ai militari di entrare in alcuni uffici. Notizia seccamente smentita da Maroni: «La Lega non c'entra, l'inchiesta riguarda una società che non c'entra niente con la Lega. Non hanno trovato nulla, noi siamo terzi e quindi la questione è chiusa. La procura pensa che ci siano documenti di una dipendente di via Bellerio ma non ha trovato nulla: abbiamo dato la totale collaborazione, non è stata opposta alcuna questione di immunità perché la Lega non c'entra». L'ex ministro dell'Interno ha quindi ribadito che nessun esponente del Carroccio risulta indagato e anche la convinzione che non ci sia un atteggiamento complottistico da parte della magistratura. Ciò nonostante ha detto di essere «meravigliato di questa perquisizione». E più tardi, via Twitter, ha aggiunto: «Siamo avanti nei sondaggi e arrivano schizzi di fango mediatico. Prevedibile, ma nessuna paura. Avanti tutta, PRIMA IL NORD». In realtà, a quanto si apprende, la Gdf avrebbe acquisito solo una parte della documentazione relativa a Daniela Cantamessa e Loredana Zola, segretarie amministrative delle due sedi leghiste (ascoltate martedì sera contestualmente alle pequisizioni, anche delle loro abitazioni). Alcuni uffici ed alcuni file presenti nei pc, infatti, sarebbero stati indicati dai presenti come appartenenti a parlamentari della Lega e, dunque, «coperti» da immunità. In passato, nell'ambito della stessa inchiesta, erano stati sentiti anche gli ex ministri dell'Agricoltura Giancarlo Galan e Luca Zaia, l'ex presidente dell'Agenzia per le erogazioni per l'agricoltura Dario Fruscio, l'ex capo di gabinetto del ministero delle Politiche Agricole Giuseppe Ambrosio, Marco Paolo Mantile (vicecomandante del Comando Carabinieri politiche agricole e alimentari quando il ministero era guidato da Zaia). Ascoltata come teste anche Gianna Gancia, presidente della Provincia di Cuneo e compagna dell'ex ministro leghista Roberto Calderoli mentre, nelle scorse settimane, i magistrati avrebbero sentito Renzo Bossi, figlio di Umberto. I verbali sono stati tutti secretati. Nel Cuneese, da quanto si è appreso, si trova la maggior parte degli allevatori che negli ultimi anni non hanno versato le multe sulle quote latte (i versamenti dovuti per il latte prodotto in eccesso). Per una decina di anni, tra la fine degli anni '90 e il 2009 non sarebbero state versate multe per un totale di circa 350 milioni di euro. La vicenda ha ovviamente assunto contorni politici. «Maroni corre troppo, il caso è tutt'altro che chiuso - attacca Marco Carra, componente della commissione Agricoltura della Camera e candidato del Pd in Lombardia 3 -. In tutta questa legislatura la Lega si è caratterizzata per un'azione parlamentare e di governo a vantaggio di quei pochi furbetti delle quote latte che, a danno degli allevatori onesti, hanno fatto di tutto per ritardare il pagamento delle multe. L'indagine della procura di Milano è dunque sacrosanta e contribuirà a fare luce sulla condotta del Carroccio». Di tutt'altro parere il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi (Pdl): «Posso dire che le perquisizioni nella sede di un partito politico in piena campagna elettorale non mi piacciono o così facendo espongo anche il mio partito a ulteriori attenzioni di alcune procure?».

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