Sulle liste l'ira di Bettini
L'ex coordinatore«Tra i candidati figure di staff e presenze logorate» Il futuro: «Sto pensando di organizzarmi o eclissarmi del tutto»
a.Le candidature del Pd nel Lazio gli hanno lasciato una delusione difficile da contenere. Non tutte, ovviamente. Ma non ha digerito di ritrovare nelle liste per il Parlamento «figure di staff» o «presenze logorate». È ancora più amareggiato perché lui stesso aveva avanzato «pochissime personalità esterne e di valore nazionale». Ma non c'è stato niente da fare: «Mi restano oscure le ragioni di queste esclusioni, se non per il fatto che essendo io oggi senza ruoli istituzionali e di potere ben pochi mi prendono in considerazione. Spero almeno che questo chiarisca definitivamente la favola secondo la quale sarei un decisore dal quale non si può prescindere» scrive Bettini in un articolo sul magazine on line Romaitalialab.it. Un attacco diretto. «È sempre difficile scegliere le persone; e quasi sempre non mancano polemiche e strascichi - riconosce l'ex coordinatore del Pd - D'altra parte nelle proposte in tante regioni ci sono persone significative, alcune autorevolissime, del mondo delle professioni, dell'associazionismo, del giornalismo, della giustizia e così via. Ma non si sfugge all'impressione che le primarie (seppur benedette!) fatte in tempi troppo brevi abbiano premiato i candidati già elettoralmente organizzati, i dirigenti interni, a scapito di un voto di opinione che pure qua e là si è manifestato. Come nel caso, a Roma, di Fassina, che a conti fatti non aveva alcun bisogno di quel sostegno suppletivo garantitogli dal gruppo dirigente. Questa impressione si ha anche nella definitiva delegazione del Lazio». Insomma, nota Bettini, «alla fine abbiamo rinunciato a due "campioni" come D'Alema e Veltroni per reinserire presenze logorate, assai meno essenziali e autorevoli». Inoltre, nelle liste ci sono «troppi esponenti con incarichi esecutivi di partito» e sono state calate «ancora una volta dall'alto alcune figure di staff; ed è generoso definirle così». Bettini è stato l'inventore del modello Roma. Il braccio destro (e sinistro) di Veltroni. Poi quando l'allora segretario del Pd, dopo la sconfitta con Berlusconi, decise di dimettersi (invece di organizzare un congresso), ha fatto un passo indietro. Per alcuni anni. Ora torna a farsi sentire. Si dice «fiducioso sul consenso al Pd. Bersani alla fine ha scelto di muoversi su una via che da tempo ho cercato di proporre: allargare il campo democratico, renderlo contendibile, suscitare decisivi momenti di democrazia diretta». Ma, tornando al Lazio, lamenta «una certa resistenza verso la candidatura di Marino», visto che «nella sua regione sarebbe stato un capolista naturale». Chi si aspetta i titoli di coda deve attendere perché Bettini è pronto a «organizzarsi». I nuovi possibili scenari a Roma e nel Lazio potrebbero dargli ragione. «Non interesserà molti, ma ora mi si presenta un bel dilemma. Amo la politica ma non tanto da sopportare la superfetazione di cordate o di correnti. Dunque: organizzarmi o eclissarmi del tutto? Tertium non datur. Vedremo».