Le mani della mafia nel ciclo dei rifiuti
Coinvolti alti funzionari di società private e amministratori pubblici
Èl'esito di un'operazione della direzione investigativa antimafia di Catania scattata ieri all'alba che vede, ancora in atto, numerose perquisizioni. Gli investigatori stanno procedendo all'acquisizione di atti e documentazione presso 14 comuni del versante dell'alto ionio etneo della Sicilia orientale, utili a riscontrare le ipotesi investigative acquisite negli ultimi anni ovvero illecita gestione dei rifiuti con, al centro, gli interessi del clan mafioso Cintorino. I reati contestati, a vario titolo, vanno dall'associazione di tipo mafioso, all'associazione per delinquere, dal traffico di rifiuti al traffico di sostanze stupefacenti e di armi fino alla truffa aggravata ai danni di ente pubblico. Al centro dell'inchiesta della Dia di catania, che oggi ha portato a 27 arresti, la «aimeri ambiente» uno dei primi gruppi italiani nel settore dell'igiene ambientale con sede a Milano Fiori e Rozzano. Tra le persone coinvolte nell'operazione di oggi spiccano i nomi di Roberto Russo, già responsabile tecnico-operativo della Aimeri Ambiente (attualmente detenuto perchè ritenuto elemento di spicco del clan mafioso dei cintorino); il direttore per la Sicilia della aimeri, Alfio Agrifoglio, al quale viene contestata l'associazione per delinquere; il responsabile tecnico della discarica gestita dalla Sicilia Ambiente Spa di Enna, Roberto Palumbo; un dipendente del comune di Fiumefreddo di Sicilia e già dipendente della «Ato Joniambiente» di Giarre, Giuseppe Grasso. Oltre alla «aimeri» sono in fase di controllo le posizione della «siciliambiente» e della «alkantara 2001». Gli investigatori della Dia hanno appurato l'infiltrazione di elementi di spicco della criminalità organizzata nell'attività di gestione dei rifiuti, facente capo alla «Aaimeri ambiente» aggiudicataria dell'appalto bandito dalla «Ato Joniambiente». Attori dell'accordo mafioso-affaristico sono soggetti di vertice della cosca mafiosa dei cintorino coadiuvati e agevolati sia dai dirigenti della aimeri sia da funzionari e amministratori della joniambiente. In pratica, allo scopo di trarre profitti illeciti, gli indagati (ognuno per il proprio ruolo) falsificavano i documenti attestanti il buon funzionamento della raccolta differenziata dell'umido per simulare un'efficienza che non c'era; ricorrevano alla procedura di somma urgenza (senza gara d'appalto) per lavori di manutenzione che venivano affidati a ditte riconducibili alla organizzazione mafiosa nonostante i lavori affidati fossero già contemplati in appalti precedentemente affidati e pagati. Tutto ciò nella totale assenza di controlli da parte degli organi preposti. Intanto in un comunicatiola Società Aimeri Ambiente dichiara «la più totale estraneità rispetto alla vicenda, considerandosi con tutta evidenza parte lesa ed annunciando la propria costituzione in giudizio come parte civile. Le persone colpite dai provvedimenti giudiziari ex dipendenti».