La voce di Mario Draghi continua a essere l'unica ormai ascoltata dalla comunità finanziaria.

Nona caso la sua formazione è da economista e non giuridica. Così ieri i mercati se ne sono altamente infischiati del presidente del Consiglio Jean Claude Juncker che, prima di parlare del salario minimo in Europa, ha ricordato al Parlamento Ue che siamo ancora «in anni difficili, che i problemi restano seri e che serve coraggio». Mancavano effettivamente da qualche mese i richiami al pessimismo cosmico dei tecnoburocrati europei. Stranamente, da quando i corvi hanno smesso di gracchiare, nel Vecchio Continente le cose in economia e nella finanza sono andate un po' meglio. Tace da tempo anche la Christine Lagarde che da quel di Washington non ha mai fatto mancare giudizi severi sulla criticità delle finanze e delle economie dei paesi Ue. E per rimarcare la vacuità delle tesi espresse dai politici basta ricordare che solo mercoledì scorso il presidente del Consiglio Ue, Van Rompuy, aveva detto: «Il 2012 è stato un punto di svolta nella crisi della zona euro. Il peggio è alle nostre spalle». Più confusi di così si muore. Ma tant'è. È Draghi ormai la sola bussola per chi investe. Per i grandi e i piccoli. Tutti gli altri sono solo comprimari. E così è bastato che dalla riunione mensile del Consiglio direttivo della Bce uscisse una rinnovata unanimità sui tassi di interesse, tenuti fermi allo 0,75%, per allontanare le tensioni dei mesi precedenti e lo strappo con la Bundesbank. E soprattutto per far calare lo spread sotto i 260 punti. Certo non è stato uno scenario trionfale quello tracciato da Draghi, ma un leggero ottimismo è comunque emerso, al di là della prudenza abituale del presidente della Bce. «Ci sono segnali di miglioramento, c'è un contagio positivo, ma è troppo presto per cantare vittoria» ha sottolineato, spiegando che «rimane la debolezza dell'economia dell'area euro e una ripresa graduale inizierà più avanti» nella seconda metà dell'anno. «Siamo tornati alla normalità ma non siamo affatto in una forte ripresa» ha osservato, commentando le ipotesi di surriscaldamento del mercato azionario. «Abbiamo visto il ritorno di quotazioni eccessive in alcuni settori, ma sono ancora situazioni relativamente contenute e definite» ha aggiunto. L'ottimismo cauto di Draghi è stato anticipato in Italia dall'asta dei Bot, la prima del 2012, che per il Tesoro italiano è andata oltre le più rosee aspettative. Ieri sono stati collocati 8,5 miliardi di Bot con una domanda superiore ai 15 miliardi di controvalore. Il tasso medio è sceso allo 0,864% con un calo di 59 punti base rispetto all'asta precedente di dicembre. Il tasso di aggiudicazione dell'asta allo 0,864% è il minimo da tre anni. Il tasso sugli annuali, inoltre, non era più sceso sotto l'1% dall'aprile 2010. Un successo che stempera definitivamente le tensioni sul mercato dei bond italiani. E fa sperare. Intanto anche il pensiero economico dominante in Europa non è più quello unico di origine statunitense. «L'Eurozona, schiacciata da una disoccupazione drammatica, deve rileggere Karl Marx» ha detto il presidente dell'Eurogruppo per risvegliare l'Europa dal trauma di mesi di austerità e spiegare che Unione economica non significa solo conti in ordine, ma anche società senza squilibri. La soluzione è quindi nella riscoperta della dimensione sociale, e in misure come il salario minimo garantito: Altrimenti, per dirla con Marx, perderemmo l'approvazione della classe operaia». Parole che mandano in visibilio la sinistra italiana. Dal Pd a Sel sono arrivati commenti positivi alle dichiarazioni del conservatore Juncker.