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Domani Silvio Berlusconi sarà ospite di Michele Santoro in una puntata di Servizio Pubblico che si annuncia epocal

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Eun anticipo di quello che potrebbe accadere lo ha dato ieri, sulla stessa La7, l'ospitata dell'ex premier a Otto e mezzo dove, di fronte a Lilli Gruber, il Cavaliere ha tirato fuori gli artigli e brandito le ormai classiche armi di repertorio. Non solo appelli ai moderati affinché concentrino il loro voto solo sul Pdl, in modo che «appena avremo vinto saremo in grado di cambiare la Costituzione, l'unica strada per approvare le riforme necessarie al Paese». Ma anche e soprattutto nuovi attacchi alla magistratura, sul processo Mediaset che lo vede condannato in primo grado per evasione fiscale a quattro anni di reclusione, sul processo Ruby per il quale è attesa la sentenza nelle prossime settimane e sul divorzio da Veronica Lario, che lo vede costretto a versare circa tre milioni di euro al mese di alimenti all'ex moglie: «Una decisione - ha tuonato il Cavaliere - inflitta da tre giudici donne, comuniste e femministe». Parole di fuoco così come quelle pronunciate sugli altri due procedimenti, giudicati da Berlusconi assurdi e destinati «a una sicura assoluzione nei prossimi pronunciamenti». Ma la sfida personale tra il Cavaliere e la magistratura rischia di vivere un altro fronte nella composizione delle liste per il Pdl. Se infatti Marcello Dell'Utri è stato scaricato per motivi di opportunità, la stessa sorte potrebbe non toccare a Denis Verdini e a Nicola Cosentino. Entrambi, infatti, dovrebbero entrare negli elenchi dei candidati nella circoscrizione della Campania. Il primo indagato nell'ambito dell'inchiesta sulla cosiddetta P3, il secondo rinviato a giudizio per reati legati alla Camorra. Non solo, tra le maglie delle liste campane potrebbe trovare posto anche l'ex presidente della Provincia di Napoli Luigi Cesaro, a sua volta finito nel mirino della magistratura per presunti rapporti con i clan. Il Cavaliere però ha deciso di puntare sugli uomini più forti nei territori e prosegue nella sua strategia d'attacco. E se la doppia alleanza a nord (con la Lega) e a sud (col partito di Miccichè) ricorda lo schema seguito nelle sue prime elezioni, quelle del 1994, il mantra che sta ripetendo in questi giorni, il richiamo alle armi dei «delusi della politica», sembra piuttosto riportare alla campagna del 2006. Quella in cui Berlusconi, partendo da uno svantaggio enorme rispetto al centrosinistra nei sondaggi, mancò per un soffio una rimonta clamorosa, arrivando a poche migliaia di voti dal pareggio con Romano Prodi. Anche oggi, come allora, si ripetono gli appelli del leader del Pdl a tutti quegli elettori che «si sono disamorati giustamente dalla politica ma che possono tornare alle urne se noi riusciamo a raccontare loro la verità». Il Cavaliere spera che, come nel 2006, anche stavolta una bassa percentuale di astensione possa significare tanti voti in più per il centrodestra. E per operazione verità Berlusconi intende la ricusazione di quelle che lui definisce «menzogne dei giornali di sinistra». In primis sull'economia. L'ex premier smentisce innanzitutto che al momento della crisi del suo governo la situazione dei conti fosse in emergenza: «Il debito pubblico non era un problema - rivendica - perché in Italia c'è un'economia sommersa di circa 600 miliardi di euro che, se considerata, riporterebbero il rapporto deficit/pil sotto il 100%». A differenza di adesso, col governo tecnico che «ha portato tutti gli indicatori finanziari allo sfascio». La ricetta del Cavaliere è ancora il meno-tasse: «È il principio del liberismo - spiega - con minore pressione fiscale aumentano i consumi, gli investimenti e l'occupazione». «Tutto il contrario della sinistra - accusa - che nel suo programma non parla mai di riduzione dell'Imu ma anzi mette al primo punto l'introduzione della patrimoniale». Inevitabile affrontare la questione dell'accordo con la Lega. Berlusconi glissa sulla possibilità che sia effettivamente Tremonti il candidato premier della coalizione («il presidente del Consiglio lo decide il Quirinale») ma al tempo stesso smentisce che sia stato il Carroccio a chiedegli di fare un passo indietro: «Sono io che preferisco fare il ministro dell'Economia». E a Casini che ironizza sulla vergogna che di Berlusconi avrebbero gli stessi alleati, il Cavaliere risponde accusando il leader centrista di raccontare solo menzogne. C'è tempo anche per parlare dei programmi alla base dell'accordo con Maroni: «Mantenere al nord il 75% delle tasse versate è possibile - spiega - perchè già adesso sono intorno al 70-71%. Basta solo tagliare alcune spese pubbliche. Il restante 25% andrebbe alle regioni del sud bisognose. Ne ho già parlando con i nostri governatori del mezzogiorno e sono d'accordo anche loro».

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