Bersani attacca Monti «La politica l'ha cambiato Vittoria anche al Senato»
Il leader del Pd alle prese col rebus delle liste Arruolati Galli (Confindustria) e Santini (Cisl)
o.Ospite a Otto e mezzo su La7, il segretario del Pd torna a pressare il premier sulla «collocazione» in Europa: «Considera il bipolarismo qualcosa da cancellare? - è la domanda a distanza - Ce lo dica, e ci dica anche dove vuole sedersi in Europa, se è nello stesso posto dove stava Berlusconi». Il leader dei Dem non chiude a un accordo dopo il voto («sono tre anni che parlo di un incontro tra i moderati e i progressisti») ma non rinuncia a tirare stilettate al Prof: «Da quando è partita la campagna elettorale è cambiato - accusa -. Fino a 20 giorni fa diceva che non era possibile abbassare le tasse, ora parla di abbassare Irpef e Imu». Ma alla fine la riduzione della pressione fiscale entra anche nel suo programma: «Non so se si potrà fare già nel 2013 - spiega - ma chiaramente vogliamo aiutare le fasce più deboli, diminuendo Irpef e Imu sulla prima casa. Magari penalizzando i grandi patrimoni immobiliari sopra i due milioni di euro». Bersani si dice sicuro della vittoria elettorale («anche al Senato») e liquida l'alleanza di Pdl e Lega come «qualcosa che era scontato e anche inquietante, ma tanto i cittadini hanno visto in che tunnel ci hanno portato le promesse di Berlusconi in quindici anni». Poi chiude sulle liste elettorali: «Abbiamo fatto le primarie per decidere quali saranno i candidati, ora c'è bisogno di sistemare alcune caselle, inserire i nomi della società civile e garantire il pluralismo. La varietà delle nostre anime, state certi, sarà perfettamente rispecchiata nella composizione delle liste». Composizione che, in realtà, sta incontrando negli ultimi giorni molte difficoltà. In pubblico, infatti, il segretario continua a incassare l'appoggio di partner prestigiosi. Ieri è stata la volta dell'ex direttore generale di Confindustria Giampaolo Galli e del numero due della Cisl Giorgio Santini. «Sindacalisti e imprenditori staranno insieme perché a noi sta a cuore l'economia reale - ha spiegato il candidato premier - e il lavoro interessa a tutte le categorie del ciclo di produzione». Per oggi, invece, Bersani ha annunciato il coinvolgimento di un esponente di primo piano dell'area cattolica del Paese. Ma è dietro le quinte che si gioca la partita più importante. La riunione che ieri doveva sistemare definitivamente il nodo liste è stata posticipata a stamattina. Nel pomeriggio, invece, si terrà la direzione nazionale che approverà definitivamente gli elenchi. Ieri a via del Nazareno è proseguito il pellegrinaggio dei vari rappresentanti locali del partito infuriati per il fatto che, nelle loro liste, gli uomini del listino del segretario e altri big saranno schierati ai primi posti, facendo scivolare indietro i vincitori delle primarie. In questo modo, la percentuale del listino, il 10% dei candidati, si trasformerà nel 30% degli eletti. Altro nodo da affrontare è quello dei malumori dei montiani del partito, in gran parte esclusi dalle liste. Ieri ha fatto sentire la sua voce Umberto Ranieri, che ha annunciato la sua rinuncia alla candidatura ma al tempo stesso ha auspicato una convergenza sull'agenda Monti e ha chiesto di non limitare troppo gli spazi dei parlamentari «centristi». Sulla stessa linea i «Liberal» di Enzo Bianco. Sul tavolo soprattutto il destino dei renziani. Scontata la candidatura per Simona Bonafè, Maria Elena Boschi, Paolo Gentiloni, Francesco Bonifazi e Luca Totti, mentre fa sempre discutere il destino di Roberto Reggi, che sconta, soprattutto in Toscana, la polemica continua contro le regole condotta durante le primarie. Beppe Severgnini, invece, ha lasciato trapelare che non scenderà in campo con i Dem. Forse, a vigilare sulle candidature, in direzione potrebbe arrivare lo stesso Renzi. Infine, a far discutere sarà la candidatura di alcuni esponenti che hanno vinto le primarie ma hanno problemi giudiziari abbastanza gravi. Tra questi c'è la consigliera provinciale di Milano, Bruna Brembilla, finita in un'inchiesta col sospetto di avere «trattato voti e appoggi elettorali» con la 'ndrangheta. Su questo caso Bersani non ha voluto esprimersi, lasciando al Collegio dei garanti dieci giorni, fino all'autenticazione delle liste, per dirimere ogni questione seguendo «la legge sull'incandidabilità e il nostro codice etico». Ma la questione resta spinosa. In ogni caso, almeno sul nome dei capilista di Camera e Senato la quadra sarebbe stata raggiunta. Bersani primeggerà l'elenco per la Camera nelle regioni considerate «chiave» per la vittoria al Senato: Lazio, Lombardia e Sicilia. Rosy Bindi e Anna Finocchiaro correranno saranno in cima alla liste per Montecitorio nelle regioni in cui hanno vinto le primarie, rispettivamente Calabria e Puglia. Tra gli altri nomi Enrico Letta nelle Marche, Dario Franceschini in Emilia Romagna, Andrea Orlando in Liguria, Cesare Damiano in Piemonte1, Gianclaudio Bressa in Trentino, Guglielmo Epifani in Campania1. Per il Senato, invece, tra gli altri dovrebbero correre Ignazio Marino in Piemonte, Massimo Mucchetti in Lombardia, Laura Puppato in Veneto, Josefa Idem in Emilia Romagna e Stefania Pezzopane in Abruzzo.