Il rebus delle liste fa tremare i montiani
Pochi posti liberi, a rischio i transfughi di Pdl e Pd Frattini verso la rinuncia, in bilico anche Pisanu
o.E l'attuale responso è che, se anche la lista dei centristi dovesse «sfondare» e avvicinarsi al 20%, a Palazzo Madama il numero dei senatori eleggibili non andrebbe di molto oltre i trenta. Questo in virtù di una legge elettorale molto generosa con chi arriva primo nelle varie regioni ma assai più puntiva con chi arriva secondo, terzo o quarto. Ed è proprio al Senato che, presumibilmente, si deciderà il destino di qualsiasi governo si formerà dopo il 24-25 febbraio. Ecco perché sui nomi da inserire nel listone unico dei centristi che correrà per Palazzo Madama in queste ore si sta scatenando una vera e propria battaglia. La scelta di Monti di non ospitare alcun politico nella sua lista alla Camera, costringerà il presidente a ospitare tra i candidati alcuni dei transfughi di Pd e Pdl che nelle ultime settimane hanno deciso di spostarsi a sostegno della sua agenda. Ma anche i «big» di Udc e Fli preferirebbero essere in lizza per Palazzo Madama piuttosto che per Montecitorio, dato che è al Senato che la battaglia politica si farà più intensa e decisiva. Pare che lo stesso Pier Ferdinando Casini stia valutano una scelta del genere. Ecco perché la discussione sulle percentuali con le quali sarà ripartita la lista saranno fondamentali. Fino a ieri si parlava di un 50% destinato al premier, un 40 a Casini e un 10 a Fini, ma sembra che il leader dell'Udc stia sbattendo i pugni pur di ottenere qualche posto in più. D'altro canto, nello stesso entourage del premier si sta facendo strada l'idea che a Palazzo Madama, con la situazione che si profila, non si possa rinunciare del tutto a persone esperte di battaglie parlamentari. Emblematico è il caso di Frattini, che sarebbe disposto a rinunciare a candidarsi per puntare a un posto alla Nato nell'agosto del 2014, ma in questi ultimi giorni sta subendo un deciso pressing da parte di Palazzo Chigi che ne auspica un ripensamento. Il problema, però, resta: trenta posti sono davvero pochi per accontentare tutti e alla fine saranno in tanti, tra quelli che hanno lasciato il Pd e il Pdl, a restare fuori dal Parlamento. Per un Ichino che ha già il posto garantito direttamente da Monti, c'è un Pisanu che sembrava sicuro fino a qualche giorno fa e che ora, invece, appare tra i papabili esclusi. Torna in auge Alfredo Mantovano ma rischiano di rimanere in bilico quasi tutti i rappresentanti di Italia Libera, dalla Bertolini a Stracquadanio per arrivare a Gaetano Pecorella, che per primi avevano deciso di mollare Berlusconi per sposare il progetto montiano. Mentre Giuliano Cazzola non ha perso la speranza di creare una quarta lista da affiancare ai centristi alla Camera convinto che il diktat sulle tre formazioni di Monti «non fosse una decisione definitiva ma fotografasse solo la situazione attuale». Per non parlare poi di quelli che saranno esclusi per aver raggiunto le quattro legislatura. «Non mi ricandido», ha confessato ieri Renzo Lusetti dell'Udc, prendendo atto dall'alto delle sue cinque legislature che difficilmente potrà ambire a una deroga, visto che le due in dotazione all'Udc saranno appannaggio di Casini e Buttiglione. Forse sarebbe stato più fortunato se fosse rimasto nel Pd, dove sono stati «derogati» tutti i dieci parlamentari che hanno presentato richiesta di deroga. Nonostante ostenti sicurezza ai quattro venti, è molto difficile che possa venir ricandidato Italo Bocchino. Le due deroghe concesse a Fli, infatti, saranno destinate al leader Fini e a unop tra Roberto Menia e Angela Napoli. I posti in Parlamento per i futuristi saranno comunque pochissimi, visto che i sondaggi continuano a dare il partito sotto il 2% che costituisce lo sbarramento da superare. E il presidente della Camera deve ringraziare la legge elettorale che dà un pugno di seggi al «miglior perdente» delle coalizioni che superano l'8%. Ci sarebbe poi il discorso di quelli che dovrebbero essere esclusi in virtù dei conflitti d'interesse e dei problemi con la giustizia. Monti ha parlato di una severità ancora maggiore rispetto a quella imposta dalla legge sull'incandidabilità, ma alla fine di un lungo braccio di ferro Casini sarebbe riuscito a imporre il nome del segretario dell'Udc Lorenzo Cesa, che ha potuto usufruire della prescrizione per un vecchio precedente giudiziario. Lucio D'Ubaldo, ex Pd, sembra invece non avere molte speranze: con una condanna in primo grado per danno erariale il suo destino sembra segnato.