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Alla fine è andato tutto come si vociferava da giorni.

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Euna sola al Senato: «Con Monti per l'Italia». Con le parole «Scelta civica» che spariscono. E non è un caso, visto che tra i candidati a Palazzo Madama compariranno anche quei parlamentari che sono stati invece completamente banditi dalla lista legata al Professore che concorrerà per Montecitorio. Ma l'annuncio fatto da Monti ieri qualcosa di nuovo l'ha svelato, e non si tratta di un aspetto di second'ordine. Innanzitutto, il premier ha confermato che ci sarà un'attenta scrematura delle rose dei candidati, che «andrà ben oltre quanto imposto dalla legge». I criteri saranno «condanne e processi penali in corso, conflitti di interesse e antimafia, con riferimento al codice deontologico della commissione Antimafia». Ma la tagliola di Bondi considererà anche «l'attività parlamentare pregressa, con un massimo di due deroghe per ciascuna lista, ovviamente per le liste in cui saranno ammesse persone che hanno già svolto attività parlamentare». Al momento, queste liste «politiche» sono tre: quelle di Udc e Fli alla Camera e quella legata a Monti al Senato. In tutto fanno sei deroghe, delle quali due sono praticamente già assegnate: a Pier Ferdinando Casini e a Gianfranco Fini. Ne restano quattro, ma c'è da tener presente che difficilmente potranno restare fuori dalle Camere pezzi da novanta come il decano del Parlamento Beppe Pisanu e l'ex ministro degli Esteri Franco Frattini. I posti in ballo, dunque, sono due. Ma per capire come andranno davvero le cose bisogna tenere presente che, pur senza che Monti abbia definito con precisione in conferenza stampa i limiti dei mandati parlamentari che saranno applicati da Bondi, le indiscrezioni parlano di un veto per chiunque sia stato alle Camere per più di tre legislature. Questo costringerà i partiti del centro a fare a meno di alcune personalità che hanno avuto anche molta visibilità negli ultimi anni. Da Claudio Patarino (6 legislature) a Italo Bocchino (4), da Roberto Menia (5) ad Angela Napoli (5), dal «recordman» Mario Tassone (9) a Luca Volonté (4), da Francesco Bosi (4) a Rocco Buttiglione (5), per arrivare a Teresio Delfino (7) e Ida D'Ippolito Vitale (5). Mentre Renzo Lusetti (5) forse avrebbe fatto meglio a restarsene nel Pd invece che transitare nell'Udc, visto che i Democratici con le deroghe sono stati un po' più larghi, concedendone addirittura dieci. Tirano un sospiro, invece, i vari esponenti che si sono fermati a tre mandati. Tra i volti più noti, Carmelo Briguglio, Amedeo Ciccanti, Gabriella Carlucci ed Enzo Carra. La quasi totalità degli esclusi dovrà davvero restare fuori dal Parlamento, al momento ad essere sicuro della deroga potrebbe essere il solo Rocco Buttiglione, che è pur sempre il presidente dell'Udc. Mentre il segretario Lorenzo Cesa, per la sua nota vicenda giudiziaria, dovrebbe non avere speranze di tornare a Montecitorio. Così come Lucio D'Ubaldo, in procinto di lasciare il Pd per sostenere Monti, ma con alle spalle una condanna in primo grado per danno erariale. Paletti strettissimi, poco graditi in realtà da Udc e Fli, che hanno più che altro subìto l'improvvisaq accelerata del premier. E se i finiani hanno insistito fino all'ultimo momento per ottenere la lista unica alla Camera (c'è il serio rischio di non raggiungere la soglia di sbarramento, che per i partiti «coalizzati» è al 2%), la ferma opposizione di Casini e Montezemolo ha alla fine imposto la corsa separata. Con le liste «politiche» che, però, per la legge elettorale in vigore non potranno inserire nel loro simbolo il nome di Monti. Così sul simbolo dell'Udc tornerà la parola Casini, dopo che qualche mese fa era stata sostituita in pompa magna con Italia, mentre su quello di Fli resterà il nome di Fini. Altra partita si giocherà poi al Senato, dove il listone unico imporrà di pesare le varie correnti per assegnare i posti in lista. L'Udc sta provando a chiedere il 40-45% delle candidature, Futuro e Libertà si accontenterebbe del 10-15. La percentuale restante, che dovrebbe aggirarsi intorno al 50%, sarà appannaggio degli uomini del Professore tra i quali troveranno posto anche i «transfughi» di Pd e Pdl. Il tutto tenendo presente che, a meno di un risultato elettorale clamoroso, il numero dei Senatori eletti a disposizione dei centrini potrebbe fermarsi a una trentina. Come un concorso a premi. Che vede i vari partecipanti già profondamente preoccupati e irritati.

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