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Il Colle chiede equità e attacca i partiti

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Napolitano rilancia la questione sociale «Il peso dei sacrifici sia meglio distribuito»

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».Una stilettata ai partiti incapaci di realizzare anche in questa legislatura le indispensabili riforme - costituzionale, elettorale, della giustizia - ma al tempo stesso la convinzione che «il rifiuto o il disprezzo della politica non porta da nessuna parte». Espressa citando una frase di Benedetto Croce all'indomani della caduta del fascismo: «Senza politica nessun proposito, pur nobile che sia, giunge alla sua pratica attuazione». Giorgio Napolitano chiude il suo settennato con un discorso di Capodanno in cui affronta tutti i temi della crisi che sta attraversando il Paese, dal ripiegamento dell'economia al tema delle carceri. Ma non rinuncia a lanciare un messaggio di speranza, specie a quei giovani che più degli altri sono stati penalizzati dalla recessione e che hanno tutto il diritto di indignarsi, ma non per questo devono rinunciare alla «voglia di reagire, la volontà di partecipare a un moto di cambiamento e di aprirsi delle strade». Parole che vengono fatte proprie dalla maggior parte delle forze politiche, in particolare al centro e a sinistra, mentre dal Pdl, insieme all'apprezzamento per il richiamo alla buona politica, arrivano dei distinguo soprattutto sul tema dei diritti civili e della cittadinanza agli immigrati. Apertamente critici, invece, i leghisti per i mancati accenni al nord al cospetto di un continuo richiamo alla questione meridionale, mentre dall'Idv si contesta l'assenza di un'autocritica per l'esperienza del governo Monti. Ed è proprio il premier uno dei primi a telefonare al Presidente della Repubblica per complimentarsi per le parole che in televisione sono state seguite da oltre sei milioni di persone. Lo stesso Napolitano ha dedicato al Professore un passaggio del suo discorso, quando ha commentato le modalità della «salita» in politica di Monti. Sostanzialmente assolvendo la scelta del premier, perché «era nelle sue possibilità, e l'ha fatto - non è il primo caso nella nostra storia recente - patrocinare, dopo aver presieduto un governo tecnico, una nuova entità politico-elettorale». Al tempo stesso il Colle intende mostrarsi al di sopra delle parti: «Non verranno da me - spiega - giudizi e orientamenti di parte e neppure programmi per il governo del Paese, che spetta alle forze politiche prospettare agli elettori». Nelle parole del Capo dello Stato, però, una traccia per i futuri governi c'è. Ed è l'invito a proseguire sulla strada dell'europeismo rilanciato dall'ultimo governo: «Uscire dalla recessione è possibile per noi solo insieme con l'Europa». Di certo, però, non da passivi esecutori delle direttive comunitarie: «L'Italia è tra i Paesi fondatori della Ue e ha titoli e responsabilità per essere protagonista di un futuro di integrazione e democrazia federale». Qui il presidente passa a esaminare tutte le criticità che attanagliano la nazione, dal problema del Mezzogiorno, con un accenno allo scandalo dei fondi europei non utilizzati, alla «realtà angosciosa delle carceri», dal femminicidio alla corruzione. Per superare questi problemi sarà necessario un ritorno da protagonista della politica dopo la «supplenza» del governo tecnico. Una politica che però dovrà dare migliore prova di quanto mostrato nel 2012: «Mi auguro che in campagna elettorale ci sia senso del limite e della misura nei confronti e nelle polemiche - auspica il Presidente - anche su tematiche cruciali come quelle eluse in questa legislatura». Inevitabile un accenno al vero e proprio pallino di Napolitano, la mancata riforma della legge elettorale. «Non si è, con mio grave rammarico, saputo o voluto riformare il voto. Per i partiti - conclude il Colle - la prova d'appello è ora nella qualità delle liste. Sono certo che gli elettori ne terranno il massimo conto».

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