Eterna Bindi, da rottamata a capolista
Alcuni dei vincitori delle primarie Pd saranno in cima all'elenco dei candidati Già sicuri del seggio la presidente del partito, Finocchiaro, Fassina e Damiano
o.Tolta la quota destinata al partito di Vendola, resterebbero comunque oltre 400 posti da parlamentari per i Democratici. Che dovrebbero essere distribuiti tenendo conto del risultato delle primarie che si sono tenute il 29 e il 30 dicembre scorsi. Dovrebbero, certo. Ma in molti casi non sarà così. Perché le regole scritte per la consultazione lasciano comunque un larghissimo spazio di manovra alle direzioni regionali, e quinti al famigerato «apparato». Innanzitutto il listino bloccato del segretario: ne faranno parte una novantina, o qualcosa di più, di candidati che presumibilmente saranno tutti posizionati nelle liste in modo tale da avere il posto in Parlamento garantito. Bersani ha inoltre la facoltà di decidere chi saranno i 47 capilista. In molti casi i nomi potrebbero coincidere con quelli del listino bloccato, ma non è detto che vada così. E la dimostrazione sta nel fatto che, in attesa delle riunioni delle varie direzioni regionali che si terranno tra domani e venerdì, si fanno già i nomi di alcuni big usciti vincenti dalle primarie che scavalcheranno tutti e finiranno dritti in testa alle liste elettorali. Di chi si tratta? La prima, neanche a dirlo, è l'inossidabile Rosy Bindi che sembra essere uscita addirittura più forte dalla battaglia per la rottamazione portata avanti da Matteo Renzi. La presidente del Pd, nonostante i 18 anni di Parlamento, ha chiesto e ottenuto la deroga per potersi candidare ancora. A differenza di quanto accaduto per i vari Giuseppe Fioroni o Franco Marini, però, a lei non è stato risparmiato l'onere di passare attraverso le primarie. Senonché il partito ha ben pensato di non farla correre nella sua Toscana, dove i renziani hanno dimostrato di avere un peso elettorale notevole, al punto che proprio nel paese natale della Bindi, Sinalunga, il sindaco di Firenze raccolse addirittura il 54% delle preferenze alle primarie per il candidato premier. Troppo rischioso tornare sul luogo del delitto, meglio andare il più lontano possibile, magari a Reggio Calabria, in barba al regolamento che auspicava un certo radicamento territoriale tra i candidati e i collegi. Così, nel capoluogo calabrese Rosy ha potuto stringere un «ticket» col ras locale Demetrio Battaglia (possibilità favorita dall'obbligo della doppia preferenza di genere diverso) e andare oltre ogni pronostico. E infine arrivare al primo posto delle liste, assicurandosi ancora una volta il seggio in Parlamento. Non è certo un caso isolato, quello della Bindi. Analogo destino avranno anche altri fedelissimi come Fassina, Damiano o Finocchiaro. Il primo ha trionfato nel collegio romano, dove invece è andato al di sotto delle aspettative il renziano Roberto Giachetti, che a questo punto deve sperare in un risultato elettorale clamorosamente positivo per tornare alla Camera. Anna Finocchiaro, a sua volta, è stata anch'essa spostata lontano dalla sua Sicilia che nel 2008 le aveva riservato solo il 30% di voti da candidata governatrice. A Taranto, invece, la capogruppo democratica al Senato ha raccolto oltre il 50% delle preferenze e ora tornerà a sedersi ancora una volta a Palazzo Madama, con alle sue spalle già 25 anni di Parlamento. Alle direzioni regionali, si diceva, spetterà inoltre il compito di «riequilibrare» le liste dal punto di vista del genere, dato che nonostante i vari accorgimenti gli uomini hanno raccolto un numero molto maggiore di preferenze. Formulate le proposte, quest'ultime saranno vagliate dalla direzione nazionale convocata per l'8 gennaio, che compilerà definitivamente le liste. A giudicare dagli orientamenti che si stanno profilando, alla fine la sproporzione a favore della corrente bersaniana sarà molto più marcata di quel 61 a 39% che il segretario, nel ballottaggio del 2 dicembre, ottenne nei confronti dello sfidante Matteo Renzi.