Deputati Pdl a rischio: ne passa uno su tre
Ec'è il macigno del diktat di un suo passo indietro. Berlusconi chiude il 2012 nel modo in cui non sperava davvero di dover fare, con il no della Lega all'accordo per andare insieme in Lombardia e poi a livello nazionale. Il Carroccio l'ha messa giù dura, prendere o lasciare. Ieri il Cavaliere, in una intervista al Tg5 delle 20 ha comunque ostentato sicurezza: «Sono molto ottimista al riguardo, l'accordo con la Lega è nei fatti ed è un vantaggio per entrambi. Sono convinto che alla fine la ragione prevarrà». Senza il Carroccio diventa infatti impossibile riconfermare un esponente del centrodestra alla guida della Lombardia. E lo scenario ormai più probabile è che ci siano tre liste distinte, una del Pdl, una dei moderati con Gabriele Albertini e quella della Lega. In questo modo la vittoria andrà al candidato del centrosinistra, Umberto Ambrosoli. Ma il mancato accordo avrebbe ripercussioni anche a livello nazionale perché sfumerebbe per Berlusconi la possibilità di conquistare in Senato più seggi rispetto al Pd. Roberto Calderoli – che sabato ha partecipato al vertice nella casa milanese del Cavaliere – ieri ha confermato i due punti sui quali la Lega non è disposta a trattare. «Il vertice non è andato bene perché ci siamo fermati su problemi di contenuti del programma. Noi chiediamo che il 75% delle tasse rimanga sul territorio e su questo ci siamo bloccati. Tuttavia una via d'uscita si può trovare. Noi chiediamo la creazione di una macroregione con gli stessi diritti di una Regione a statuto speciale». «Abbiamo parlato anche di questioni politiche – ha proseguito – e abbiamo detto che siamo disponibili ad accettare Berlusconi come capo di coalizione, ma chiediamo novità come candidato premier. Un nome? Una volta realizzato il progetto 75%, parleremo anche di questo». Poi, però, ha mandato un messaggio a Berlusconi che nei giorni scorsi aveva sottolineato che senza l'accordo sulla Lombardia il Pdl avrebbe fatto cadere i governi a guida leghista di Piemonte e Veneto: «Sollecito a non fare minacce». A Calderoli ha risposto, indirettamente, il coordinatore del Popolo della Libertà in Lombardia, Mario Mantovani: «Stiamo cercando l'accordo ma la Lega pone condizioni non conciliabili. Vuole la supremazia in Lombardia, ma a prescindere dall'aspetto nazionale. L'egoismo del Carroccio non aiuta». «Senza accordo – è la conclusione – Gelmini potrebbe essere un buon nome come candidato in Lombardia». Intanto Berlusconi sta mettendo a punto anche la strategia per presentarsi alle elezioni. L'«ira» del Cavaliere contro i montiani, con relativa ritorsione di non candidarli in lista, dovrebbe riguardare solo pochissimi di quelli che hanno partecipato il 16 dicembre alla manifestazione al teatro Olimpico di Roma, in pratica solo Franco Frattini e Mario Mauro. Che comunque hanno già altre destinazioni. Ma il problema delle candidature nel Pdl riguarda anche i numeri dei possibili eletti. Se Berlusconi non riuscisse a vincere, con il premio di maggioranza il Pd si troverebbe ad avere 340 deputati. Tutti gli altri partiti si accontenterebbero di dividersi 290 parlamentari. Nel caso il Cavaliere raggiungesse il 20 per cento, avrebbe tra i 70 e i 75 eletti. Oggi sono 205. Vuol dire che quasi uno su tre non verrà eletto. Ed è proprio questo che preoccupa di più gli esponenti del partito. Perché la lotta per entrare nelle prime posizioni delle liste nei prossimi giorni diventerà furibonda. Pa. Zap.