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Sì del Senato, il «taglia-firme» è legge

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Ridotto a un quarto il numero delle sottoscrizioni per presentare liste: ne basteranno 30mila Ulteriore sconto a chi ha un gruppo in una sola Camera come l'Udc, potrà fermarsi a 12mila

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e.Il Senato ha approvato in via definitiva un provvedimento che, col passare dei giorni, stava diventando un caso spinoso al punto che Mario Monti, temendo un ulteriore nulla di fatto, aveva allertato i ministri per un eventuale Consiglio notturno in grado di attuare nuovi provvedimenti. Ipotesi poi svanita con il sì di Palazzo Madama. Per i vari movimenti che vorranno iscriversi alla competizione elettorale e non hanno gruppi in entrambi i rami del Parlamento, basterà presentare 30mila firme. Un quarto di quelle previste dalla legge, così come richiesto da più parti dopo l'accelerazione improvvisa dettata dalla crisi di governo e la convocazione delle elezioni per i prossimi 24 e 25 febbraio. Esentati dalla raccolta sono solo Pdl, Pd, Lega e Idv, mentre per i partiti che al momento dell'entrata in vigore del decreto hanno costituito un gruppo in una sola Camera (è il caso, ad esempio, dell'Udc) vi è un ulteriore sconto del 60%, e quindi il numero delle firme da raggiungere è di 12mila. I tempi per la sottoscrizione restano brevissimi, visto che le liste vanno presentate poco più di un mese prima della tornata elettorale, cioè entro il 20 o il 21 gennaio. A far temere che da Palazzo Madama arrivasse un nuovo stop al decreto era stato l'iter travagliatissimo che il provvedimento del governo aveva dovuto affrontare fino a ieri. Dopo la bagarre alla Camera, con il Pd che aveva presentato un emendamento per impedire che nella «sanatoria» rientrasse anche il movimento di La Russa e Meloni, Fratelli d'Italia, nella prima convocazione al Senato era mancato il numero legale. Circostanza evidenziata dai parlamentari leghisti. Anche ieri i lumbard hanno richesto per ben due volte la verifica delle presenze, ma in entrambi i casi il verdetto è stato positivo e così i senatori di Maroni hanno ritirato i vari emendamenti proposti. Il voto è avvenuto per alzata di mano e il decreto è passato a larghissima maggioranza. La sue eventuale non approvazione avrebbe peraltro creato gravissimi provvedimenti procedurali, dato che il dl era già in vigore e le varie raccolte firme erano già partite secondo quelle indicazioni. In caso di mancata conversione, tutte le procedure elettorali sarebbero state a rischio di illegittimità. Soddisfazione è stata espressa dal Partito democratico: «Riducendo il numero di firme necessarie per presentare le liste non abbiamo fatto ricadere su altri il costo dell'interruzione di poco anticipata della legislatura e soprattutto del fallimento della riforma elettorale», ha spiegato il senatore Stefano Ceccanti. «Per riuscire davvero a superare il Porcellum - ha continuato Ceccanti - bisogna riprendere il filo già all'inizio della prossima legislatura, in modo che vi sia il necessario velo di ignoranza sulle forze reciproche che favorisce il cambiamento. In quella sede, oltre alla formula elettorale, si potranno anche rivedere alcuni aspetti deficitari e obsoleti del procedimento elettorale, come il voto degli studenti e dei lavoratori all'estero». Qualche riserva è stata invece manifestata dai Radicali: «La raccolta firme rimane una trappola per chi rispetta le regole - ha detto il segretario Mario Staderini - nessuno informa i cittadini della possibilità di sottoscrivere le liste e dove farlo, mentre il governo non garantisce la disponibilità degli autenticatori. Chi è esonerato dalla raccolta, invece, potrà decidere i candidati sino all'ultimo giorno».

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