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A rischio il decreto «taglia-firme»

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Oggi il Senato si riunisce per convertire il testo ma ancora una volta potrebbe mancare il numero legale. Liste nel caos senza regole certe

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Ma,dopo lo stop della scorsa settimana a causa della mancanza del numero legale, oggi potrebbe ripetersi la stessa scena. Con il rischio che la mancata conversione generi una situazione di incertezza in vista delle elezioni. Già alla Camera il decreto era stato protagonista del caos legato alla fine della legislatura. Solo dopo una lunga trattativa l'aula di Montecitorio era riuscita a superare le resistenze del Pd contrario al cosiddetto «emendamento La Russa». Una modifica che, secondo i Democratici, il Pdl voleva introdurre per facilitare la presentazione delle liste del neonato movimento dell'ex ministro della Difesa. Poi la parola era passata al Senato, ma il presidente non aveva potuto far altro che stigmatizzare l'assenza dei senatori e rimandare tutto al 28 dicembre. Al momento quindi i partiti non hanno ancora regole certe per la raccolta delle firme per le liste. E rischiano di non averne nemmeno nei prossimi giorni. A quanto si sa i senatori sono stati al lavoro anche durante le vacanze di Natale ma sul decreto pesa, tra l'altro, la vigilia delle primarie per gli eletti del Pd e il fatto che molti partiti sono impegnati a comporre il puzzle delle liste. Il provvedimento va comunque convertito perché ormai è in vigore e dunque, spiegano alcuni tecnici, se non diventasse legge ci potrebbero anche essere problemi sulla la legittimità del voto visto che il testo non riguarda solo la raccolta delle firme, ma anche adempimenti relativi, proprio al voto, come quello degli italiani temporaneamente all'Estero. L'altra ipotesi in campo è quella, ventilata anche dal presidente del Senato, Renato Schifani, di un altro provvedimento d'urgenza del governo che «superi» il testo licenziato dalla Camera. Ma all'ipotesi, lanciata da Francesco Rutelli, si oppone con forza il Pd. Allo stato dunque non c'è chiarezza su come e in che numero i partiti debbano raccogliere le firme: nel decreto attualmente in vigore, infatti, non è del tutto chiaro se, ad esempio, l'Udc sia esentato, viste le diverse interpretazioni sul comma c) che prevede l'esenzione per «componenti politiche all'interno dei gruppi parlamentari costituite all'inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi elettorali». Con il rinvio del Senato non viene poi nemmeno ratificata l'intesa che era stata trovata con difficoltà a Montecitorio e che prevedeva la riduzione delle firme del 75% per tutti quei partiti che dovevano raccoglierle (esclusi, dunque Pd, Pdl, Lega e Idv che hanno gruppi parlamentari sia alla Camera e al Senato e che, dunque sono esentati). Ieri i capigruppo di Palazzo Madama hanno assicurato di aver convocato i loro senatori tramite sms. Anche la Lega che la settimana scorsa aveva chiesto il numero legale provocando il rinvio, ha assicurato la sua presenza. Ovviamente per verificare le presenze in Aula e, nel caso, provocare un nuovo slittamento. Schifani è ovviamente preoccupato, ma come già detto, spera «prevalga il senso di responsabilità».

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