Centinaia di migliaia di precari rischiano di restare senza posto.
Un'analisicondivisa dall'esperto di previdenza e lavoro Giuliano Cazzola che però propone una ricetta diversa dalla Cgil. «In questa situazione di incertezza con rapporti di lavoro che sono cambiati nei contenuti le aziende sono preoccupate di assumere e di rinnovare i contratti flessibili e si muovono con grande cautela». Per Cazzola le norme della Fornero sono ancora troppo rigide rispetto alle richieste del mercato mentre per la Cgil sono poco tutelanti. Un esempio? Dice Cazzola: «proprio ieri parlavo con il direttore dell'Aeca, l'organizzazione dei centri di formazione professionale di matrice cattolica la cui colonna sono i salesiani che da sempre fanno formazione. Hanno un organico di 350 dipendenti a tempo indeterminato. Ebbene a settembre sono stati costretti ad assumere a tempo determinato 90 docenti e esperti e a lasciarne a casa 150. Prima dela legge Fornero era possibile fare 240 contratti di collaborazione. Sono stati quindi costretti a cambiare la formula». La soluzione che Cazzona indica è quella di andare verso una maggiore flessibilità laddove le norme Fornero sono ancora troppo rigide. «Le aziende con questa crisi cercano formule meno vincolanti. Secondo i consulenti del lavoro le aziende si stanno orientando verso il lavoro in affitto perchè è una formula meno vincolante». Insomma, dice Cazzola, alla flessibilità in entrata dovrebbe corrispondere una maggiore flessibilità in uscita. Per la Cgil invece le norme della Fornero sono poco tutelanti e andrebbero corrette. La logica del sindacato di Corso Italia è di correggere la legge in modo da assicurare un passaggio diretto dal precariato al contratto a tempo indeterminato. «Si presume che centinaia di migliaia di contratti di collaborazione scadano con la fine dell'anno - spiega il segretario generale del Nidil Cgil, Filomena Trizio - e che quindi vadano in vigore le norme della legge Fornero». La scommessa del sindacato è che le norme della Fornero «siano applicate con una contrattazione di merito tra organizzazioni sindacali e impresa». In caso contrario le aziende potrebbero essere indotte a «preferire la non attivazione di nuovi contratti o la loro trasformazione in tipologie ancora meno tutelanti come partite Iva e voucher». Trizio ha ricordato che la legge Fornero prevede che i nuovi contratti di collaborazione «devono rispondere a progetti veri, con retribuzioni non inferiori ai minimi contrattuali, che determinino un risultato finale di modifica della situazione aziendale e che possono essere attivati se non su mansioni ripetitive e non esecutive». Al Nidil si stanno rivolgendo decine e decine di lavoratori: segnalano che con la scusa dell'entrata in vigore della legge Fornero i loro contratti sono a rischio. Molte aziende, infatti, denuncia il sindacato, «non stanno rinnovando i contratti o in alcuni casi, anzichè trasformare le collaborazioni a progetto o le associazioni in partecipazione in lavoro dipendente, aggirano le norme utilizzando tipologie ancora peggiori». Secondo l'Istat nel terzo trimestre dell'anno erano 430 mila i collaboratori (co.pro o co.co.co). I dati Inps aggiornati al 2011 parlano di 1.464.950 collaboratori totali, ossia le persone che nell'arco dell'anno hanno avuto anche un solo contratto di collaborazione. I lavoratori con contratti di collaborazione sono quelli che rischiano di più in quanto non rientrano nemmeno nella proroga di sei mesi prevista dalla Legge di Stabilità in base alla quale i precari della pubblica amministrazione con un contratto a tempo determinato in scadenza a dicembre che ha superato il limite di 36 mesi potranno restare al lavoro fino al prossimo 31 luglio. Per i precari della pubblica amministrazione c'è un nodo da sciogliere. Serve un passaggio fondamentale, un atto di indirizzo, per avviare la trattativa all'Aran in vista di un accordo quadro che recepisca la legge Fornero in riferimento ai precari e che definisca regole e criteri per disciplinare le assunzioni, la flessibilità in entrata, e anche per una riorganizzazione di servizi ed enti. La proroga non comporta oneri per lo Stato ma piuttosto dà la possibilità alle singole amministrazioni di prolungare i contratti in scadenza, anche per quelli che hanno superato il tetto dei 36 mesi. Il timore è che la trattativa possa slittare al prossimo governo.