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Monti «sale» in politica con un'Agenda

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Pronto alla premiership ma detta le condizioni. Archivia Berlusconi, accarezza il Centro e a Bersani chiede di mollare Sel e gli estremisti

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Perora c'è un'Agenda con le linee guida delle priorità per la prossima legislatura, poi il Prof potrebbe mettersi guida delle forze che si riconosceranno in essa con la disponibilità alla premiership. Dopo settimane di attesa febbrile ieri Monti ha sciolto il nodo del suo futuro politico E lo ha fatto con toni e argomenti da vero candidato in piena campagna elettorale: archiviando con ferocia sferzante Berlusconi al quale ha riservato una serie di durissimi attaccati conditi da sarcasmo pungente, e incuneandosi nell'alleanza tra il Pd e Sel ponendo Bersani di fronte a una bivio: confermare l'accordo con Vendola e il legame con la Cgil e rischiare di perdere l'ala montiana del partito o virare verso posizioni moderate e riformiste. Prima alla conferenza stampa di fine anno, poi ospite di Lucia Annunziata a Raitre, Monti ha tracciato la sua road map per la prossima legislatura con un piglio ultimativo, quasi un prendere o lasciare lanciato come sfida alle forze politiche mettendo come posta in gioco la crescita del Paese, il risanamento e l'autorevolezza dell'Italia in Europa. Il premier annuncia: «Io non mi schiero con nessuno. Ma sono pronto a dare apprezzamento, incoraggiamento, a essere guida e ad assumere le responsabilità che mi venissero affidate dal Parlamento». Il che significa disponibilità a un eventuale nuovo incarico da presidente del Consiglio, ma senza candidarsi adesso con nessuna lista. «Valutare la candidatura a premier è altra cosa dal dare il nome ad altri per liberi utilizzi». Per ora c'è l'«Agenda per cambiare l'Italia e riformare l'Europa» già disponibile sul sito www.agenda-monti.it. «Se una o più forze politiche con una credibile adesione a questa agenda o a una migliore ma che io trovi convincente, manifestassero il proposito di candidarmi a premier, valuterei la cosa». Insomma è chiaro che il Prof vuole essere lui a dare le carte e in Tv chiarisce che «è importante» che sulle riforme necessarie per il Paese «ci sia il mandato elettorale e politico». Monti quindi segna il perimetro di chi può aderire alla sua iniziativa. Sicuramente non Berlusconi, seppellito da una serie di attacchi durissimi. Il premier si dice «sbigottito» a fronte delle altalenanti posizioni del Cav che «un giorno ha espressioni lusinghiere sul governo al punto da offrirgli la leadership dei moderati e il giorno dopo lo accusa di non aver fatto le riforme». Al punto che, si «fa fatica a seguire» la diversità delle sue posizioni; e ammette che c'è «un quadro di comprensibilità mentale che mi sfugge». Monti prende di mira e demolisce i cavalli di battaglia di Berlusconi a partire dall'abolizione dell'Imu: prometterla ora «significa rimettere l'Imu doppia, non tra cinque anni, ma tra un anno». Poi le critiche alla mancata crescita. Che equivale a trattare gli italiani «come dei cretini» perché è evidente, arringa Monti, che «dovendo pensare al risanamento non ci poteva essere la crescita». Deleterio è anche, dice sempre rivolto a Berlusconi, «la diffusa diseducazione nel linguaggio usato quando si dice che lo Stato mette le mani in tasca ai cittadini». Il che non vuol dire amare le tasse ma «considerarle parte legittima e doverosa di una vita di cittadinanza». Sempre rivolto al Pdl, Monti respinge le ricostruzioni «fantasiose» che lo vorrebbero «accucciato o a quattro zampe» nei vertici a Bruxelles e succube del Cancelliere Merkel («Chi vi partecipa sa che non è vero») e ricorda «le pacche sulle spalle cui seguivano i risolini» di Merkel e Sarkozy alla volta di Berlusconi. Infine il riferimento ai «festini imbarazzanti» che allontanano i cittadini dalla politica. Ma soprattutto Monti disegna un'agenda indigeribile per Berlusconi con ripristino del falso in bilancio, interventi sulla prescrizione e una «robusta» legge sul conflitto d'interessi. Insomma «leggi ad nationem e non ad personam». Ma se questi sono i paletti per la destra, con la sinistra Monti non va più morbido. Critica la Cgil per posizioni «che oggi rischiano di danneggiare i lavoratori» e si dice stupito che a sinistra non sia stata vista bene la sua visita allo stabilimento Fiat di Melfi mentre «quell'evento segna una forte speranza per il Meridione». Non solo. Monti mette in discussione l'alleanza Pd-Sel e bolla Vendola come «conservatore». Peraltro il leader di Sel ha già dato la sua opinione sull'agenda di Monti quando ha chiesto a Bersani di prenderne le distanze. «È un diritto di vendola chiederlo e un diritto di Bersani riflettere se aderire» è il bivio di fronte al quale Monti mette il segretario del Pd. Poi da Lucia Annunziata il Prof entra proprio nel dibattito al'interno del Partito Democratico e sottolinea la coesistenza delle due anime: «c'è Fassina ma c'è anche Ichino» dice e avverte Bersani sul rischio di una diaspora, di perdere pezzi del suo partito. «restando alleati conSel chi «ha più propensione alle riforme potrebbe lasciare il partito». «Non voglio scomporre le case altrui - dice secco - ma se questo passaggio fosse necessario per dare massa critica a chi è disposto a lavorare per cambiare le cose, ben venga». Poi «nessun dramma» se qualcuno lascia. «Io considero più importante che le persone che vogliono il cambiamento siano disposte a lavorare insieme, cambiando partito». E si dice convinto che lo stesso Bersani «senta il contrasto che viene dall'avere nel partito posizioni anche abbastanza liberali, vedasi Ichino e altri, e dall'avere come responsabile economia Fassina che non è su quelle posizioni». Poi il Centro al quale il Prof guarda con interesse. «Il partito guidato da Casini è stato il più coerente sostenitore degli sforzi di questo governo, poi Italia Futura, poi altri spezzoni che si stanno organizzando». Dice però che per società civile ha in mente «qualcosa di molto più vasto».

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