Al Professore il titolo di «politico dell'anno»
Saràlui a chiarire cosa succederà, forse, nella conferenza stampa di fine anno di domani mattina. Nel frattempo, vista la situazione di indeterminatezza, sono i sondaggi a farla da padrone. Numeri che magari non fotografano esattamente la realtà, ma che sicuramente condizionano le scelte di chi si muove nello scacchiere politico. Amplificandone dubbi e certezze. Ieri, ad esempio, una rilevazione dell'istituto Swg, in esclusiva per la stramissione Agorà condotta da Andrea Vianello su Rai Tre, ha offerto più di uno spunto di riflessione. Il primo è che la fiducia degli italiani in Mario Monti, in calo ormai da mesi, è tornata a crescere. Nel novembre 2011, appena arrivato a Palazzo Chigi, era al 71%, nell'aprile di quest'anno è scesa al 47%, lo scorso ottobre al 37%, in novembre al 36%, a inizio dicembre al 33%. Oggi (le interviste, telefoniche e online, sono state realizzate nei giorni 18-19 dicembre con metodo Cati e Cawi) è risalita al 38%. Contestualmente Swg ha chiesto agli intervistati chi, a loro giudizio, possa essere considerato come l'uomo politico dell'anno. La classifica vede ancora Monti in testa con il 29%, seguito da Matteo Renzi (28%), Beppe Grillo (17%), Giorgio Napolitano (11%), Silvio Berlusconi (7%), Pier Luigi Bersani (5%), Angelino Alfano (2%) ed Elsa Fornero (1%). Insomma nessun dubbio sull'apprezzamento del Professore da parte degli italiani. Peccato che, interrogati sulla possibile discesa in campo di Monti, il 60% abbia risposto sicuro: no, non deve candidarsi. I restanti si dividono tra chi lo vorrebbe veder correre per Palazzo Chigi da solo (15%), alla guida di un centro che comprenda Pier Ferdinando Casini, Gianfranco Fini e Luca Cordero di Montezemolo (10%), alleato ad un centrodestra che comprenda il Pdl (8%), al centrosinistra di Bersani (7%). A volerlo candidato è più della metà degli elettori di centro (53%), mentre sempre secondo il sondaggio, qualora decidesse di guidare una lista Casini-Fini-Montezemolo, questa potrebbe raggiungere il 15,4% (senza Monti, i centristi si fermerebbero al 9,4%). È evidente che qualsiasi sondaggio possa essere smentito dalla realtà, ma non è escluso che siano stati proprio questi dati a far nascere nel Professore l'ennesimo dubbio sull'opportunità di misurare direttamente nella contesa elettorale. Senza certezza di vittoria, ma con il rischio concreto di trovarsi in minoranza è chiaro che Monti dovrà valutare bene le proprie mosse. Indicazioni interessanti arrivano anche dal fronte degli altri partiti. Il Pd si conferma in testa alle preferenze degli italiani al 30,1% ma perde un ulteriore punto percentuale rispetto alla scorsa settimana. Scende anche il Pdl (dal 16,5 al 15,8%) e il Movimento 5 Stelle (da 19 a 18,5%. Praticamente stabili la Lega (6,2%, -0,2% rispetto alla scorsa settimana) e Sel (da 5,5% a 5,4%). In controtendenza Verso la Terza Repubblica (Montezemolo-Riccardi) che guadagna più dell'1% salendo dall'1,7% al 2,8% e il Movimento Arancione di Luigi De Magistris e Antonio Ingroia, monitorato per la seconda volta da Swg, che fa segnare un +0,8% salendo all'1,3%. Aumentano, però, anche gli elettori indecisi o astenuti: il cosiddetto «partito del non voto» sale al 40 percento, 5 punti percentuali in più rispetto alla settimana scorsa.