Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Monti a caccia dei soldi degli sceicchi

Monti con l'emiro del Kuwait

  • a
  • a
  • a

Monti vende le opportunità che si stanno aprendo in Italia agli sceicchi. I loro fondi sono considerati vitali per rilanciare il sistema Paese, dunque sono i benvenuti anche perché, chi compra ora pezzi dell'economia tricolore, rischia anche di fare un autentico affare. Il premier in visita in Kuwait, prima tappa di una missione nei paesi del Golfo Persico, spiega ai potenziali investitori che le valutazioni «sono ai minimi e servono capitali per la crescita. Abbiamo illustrato a potenziali investitori che è il momento in cui i titoli a reddito fisso e le valutazione delle imprese in Italia sono bassi». Dunque è il momento di comprare «a buon mercato» perché si rivaluteranno. È il primo tassello vero del piano per la crescita dell'economia italiana. Finora solo norme e pochi contanti. Ora Monti può cambiare registro. Lo scorso aprile quando lo sceicco del Qatar, Al Thani, venne in visita a Roma segnalò proprio a Monti che uno dei principali ostacoli all'investimento nel mondo, e dunque anche in Italia, era la corruzione. Ora approvate le nuove norme per arginarla, e accompagnate da riforme come quella per il mercato del lavoro e per assicurare burocrazia più snella, le condizioni per puntare fiches sull'Italia ci sono tutte. Chi compra è dunque il benvenuto. Non solo attrazione degli investimenti ha chiesto il primo ministro. Ma anche lavoro per le imprese italiane le cui competenze sono garanzia di qualità e che oggi tendono ad accelerare la loro internazionalizzazione proprio per sfuggire alla contrazione del mercato domestico. Così, prima di lasciare il Kuwait per proseguire la missione in Qatar, in Oman e quindi negli Emirati Arabi, Monti ha gettato le basi per una nuova spinta alle imprese italiane citando il piano 2010-2014 da 150 miliardi che il Kuwait ha messo in campo per rilanciare le sue infrastrutture, il settore petrolifero, la difesa e la sanità, aprendo anche alle azienda estere. E ha parlato delle possibili commesse e gare a cui potranno partecipare le imprese tricolori, a cominciare da quella per la costruzione di 8 ospedali. Ma nei piani kuwatiani ci sono, forse soprattutto, le infrastrutture, dai porti agli aeroporti e alle autostrade. E le strutture petrolifere. Perché il Kuwait, che ha oltre l'8% di riserve mondiali di oro nero, punta ad aumentare la sua produzione: dagli attuali 3,1 a 3,5 milioni di barili al giorno. Monti, nel ruolo di agente di commercio, ha spiegato che l'Italia è sulla strada giusta e «proficua», è tornata «affidabile» ed è un'ottima opportunità per gli investitori stranieri grazie anche al fatto che, una volta tornata la crescita, correrà più degli altri. Ma la fotografia è ad oggi. Per il dopo voto, invece, «non posso garantire». Monti ha risposto così a chi gli chiedeva se le stesse garanzie che può fornire ora ai capitali stranieri saranno le stesse nel dopo elezioni. Il premier ha precisato ancora una volta, che la strada da seguire nel dopo voto deve essere quella intrapresa dal suo governo. «Chiunque governerà in futuro - ha avvertito - deve avere come obiettivo quello di continuare a garantire la trasformazione della società», lavorando su temi quali «la crescita, la giustizia, la lotta alla corruzione e all'evasione». Il dubbio però resta. Per ora la chiamata dei fondi sovrani a investire in Italia è il messaggio più chiaro mandato dal Professore. I fondi sovrani sono finanziariamente imbattibili. E il prodotto di un'epoca piena di contraddizioni come quella attuale. Uno dei più forti organismi finanziari che va in giro per il mondo a comprare nelle economie capitaliste è quello gestito in ultima analisi dal Partito comunista cinese, che nel capitale aveva sempre visto il nemico da combattere. Ma tant'è. «Pecunia non olet» dicevano i latini e dunque chi porta soldi leciti è sempre ben accetto. Certo pensare ai fondi sovrani fa pensare subito alla colonizzazione e alla perdita di identità nazionale. Ma anche questo è un falso problema. Negli anni '70, la nascita dell'Opec e della rendita petrolifera, portò flussi di petrodollari verso Londra. I timori dell'arabizzazione del Regno Unito scomparvero di fronte all'unica massima messa in campo: un quadro di regole chiare, semplici, e invalicabili. Anche per i vizi di uno sceicco. Londra è ancora inglese più ricca e forte di prima. Fil. Cal.

Dai blog