Il Parlamento trasformato in un pantano.
Omeglio da fine di questa legislatura. Infatti negli anni passati i giorni che precedevano lo scioglimento delle Camere si trascorrevano nel tentativo di infilare qua e là un finanziamento ad hoc per il proprio territorio. Soldi per lanciare l'imminente campagna elettorale. Stavolta invece, vista l'assenza di «contenitori» su cui esercitarsi, deputati e senatori si dilettano a rallentare provvedimenti urgenti. Ieri il trattamento è stato riservato al decreto legge «firme» e al decreto legislativo «liste pulite». Il primo in discussione a Montecitorio, il secondo in attesa dei pareri, obbligatori ma non vincolanti, delle commissioni competenti di Camera e Senato. Ed è stato proprio l'assenza del parere della commissione Bilancio di Palazzo Madama a costringere il governo ad una brusca frenata. Infatti il Consiglio dei ministri, riunito per l'occasione al Senato, era già pronto per dare il via libera definitivo al testo, ma alla fine il ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri ha dovuto arrendersi: «Lo schema di decreto sulle "liste pulite" non è stato trattato. Non è ancora arrivato il parere della commissione Bilancio». I senatori del Pdl sono immediatamente finiti nel mirino dei colleghi del Pd. Il testo non contiene alcun elemento di natura finanziaria, non a caso la commissione Bilancio della Camera ha espresso un «non parere», così il primo pensiero è stato quello di un tentativo del partito di Silvio Berlusconi di affossare le norme, non troppo gradite, sull'incandidabilità. Ma i diretti interessati respingono l'accusa e fanno notare che ieri il Senato è stato impegnato per tutta la giornata ad approvare la legge di Stabilità, il parere è necessariamente passato in secondo piano. Dovrebbe arrivare entro oggi, ma il rischio che tutto salti esiste. Così come è concreto, visto i tempi ristrettissimi, il rischio che salti il disegno di legge di conversione del «dl firme». Tutto ruota attorno a quello che è ormai diventato l'emendamento «salva-La Russa». Ma che a ben vedere darebbe una mano pure a Fli e Popolo e territorio. Che non a caso ieri si sono espressi a favore, assieme all'Udc e al Pdl, della proposta di modifica dell'articolo 1. Il nodo è l'esonero dalla raccolta di firme per presentare liste alle prossime elezioni. La legge prevede che non debbano raccoglierle coloro che abbiano un gruppo parlamentare in entrambe le Camere, il decreto estende la fattispecie anche alle «componenti politiche all'interno di gruppi parlamentari» (è il caso dell'Udc che al Senato è «componente» del gruppo Udc, Svp e Autonomie). Il problema è che tutto questo deve essere accaduto ad inizio legislatura. Esclusi quindi Fli, Pt, ma anche il «Centrodestra Nazionale» di La Russa che, proprio ieri, è diventato gruppo autonomo a Palazzo Madama. Per loro, comunque, le firme da raccogliere sarebbero ridotte del 60%. Ma c'è la proposta di modifica: non più i gruppi costituiti ad inizio legislatura in Parlamento, ma quelli costituiti «alla data di entrata in vigore della legge di conversione» in una delle due Camere. Apriti cielo. Il Pd sale sulle barricate. Anche la Lega si oppone. La discussione diventa infinita. Alle 19 viene convocata una conferenza dei capigruppo cui partecipa il ministro Cancellieri protagonista, suo malgrado, anche di questa «partita». «La situazione di stallo è preoccupante - esordisce -. Bisogna fare un passo avanti, o un passo indietro. In ogni caso bisogna trovare un emendamento condiviso, perché il decreto sulla raccolta delle firme deve essere convertito». La soluzione è prendere tempo. Il decreto verrà discusso stasera dopo che la Camera avrà approvato la legge di Stabilità. Fino a quel momento si cercherà una mediazione che potrebbe coincidere con un ulteriore taglio delle firme da raccogliere (75 o 80%). Il ministro Piero Giarda non ha dubbi: «Verrà convertito, c'è la certezza». Più dubbiosa Cancellieri: «La speranza c'è sempre...». Fine del mondo permettendo, s'intende.