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Bersani contro Mario:«I partiti personali non fanno bene»

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Mercoledì,nel suo tour europeo, Pier Luigi Bersani aveva spiegato che un'eventuale candidatura di Mario Monti non sarebbe stata «immorale» (come aveva dichiarato Massimo D'Alema). E che in ogni caso, candidato o no, il dialogo tra il Pd e il Professore non si sarebbe interrotto. Non solo, ma aveva dato ampie garanzie ai partener internazionali che, pur con le dovute correzioni su crescita e equità, il governo di centrosinistra non abbandonerà la strada tracciata da Monti. Evidentemente il leader Pd non aveva ancora ricevuto le ultime notizie da Palazzo Chigi. Dopo il giro di consultazioni con i rappresentanti delle liste che dovrebbero sostenerlo (Luca Cordero di Montezemolo, Pier Ferdinando Casini e anche Gianfranco Fini), la candidatura di Monti si è fatta concreta. Così ieri Bersani ha messo da parte il fair paly e ha attaccato il premier quasi fosse un Berlusconi qualunque. «Non credo - ha detto ospite di SkyTg24 - che i partiti costruiti intorno ad una persona facciano bene all'Italia». I Democratici, però, non temono «il terzo incomodo». E non resteranno a guardare in un eventuale duello tra il Cavaliere e il Professore. Anche se è chiaro che, con lui in campo, la strada verso Palazzo Chigi si fa più in salita per Bersani. Anche per questo, forse, il segretario ribadisce la propria delusione per la scelta del premier: «Noi siamo stati lealissimi con Monti, francamente non avremmo immaginato una contesa». Ma è soprattutto sui modi del nuovo impegno in politica del Professore che si concentra l'attenzione del leader Pd. «Ho sempre detto da tre anni - osserva - che non avrei mai messo il mio nome sul simbolo perché le formazioni politiche devono avere chiarezza, autonomia, devono essere guidate dalle persone e costruite intorno ai programmi e non alle persone». Un'accusa che in passato Bersani aveva sempre rivolto a quello che definisce «il partito dell'uomo solo al comando», cioe' il Pdl. Nonostante la delusione, i Democratici non hanno intenzione di cambiare il proprio schema di gioco. Bersani è convinto che il centrosinistra avrà i numeri anche al Senato (dove si concetreranno gli sforzi maggiori dei suoi competitori, in particolare di Berlusconi) e in ogni caso, dopo il voto, cercherà di realizzare quell'incontro tra progressisti e moderati che è da sempre un punto irrinunciabile della sua linea politica. È importantissimo, quindi, che il Centro chiarisca fin da subito quali sono le proprie intenzioni. «Finora - aggiunge - ci sono state risposte contraddittorie: qualcuno dice "siamo alternativi", altri dicono "siamo colloquiali". Io non mi sento alternativo al centro moderato, mi sento alternativo a Berlusconi e alla Lega». Che, ripete come una giaculatoria Bersani, non ha alcuna possibilità di vittoria. «Neanche una presenza massiccia in televisione - attacca - può far scordare agli italiani dove ci ha portato. Berlusconi ha il problema di rinverdire parole d'ordine ma perderà perché non è più il tempo delle favole». Lui, a differenza del Cavaliere non indorerà la pillola agli italiani: «C'è un campo sterminato di riforme e per questo serve una maggioranza politica e coesa. Sono sicurissimo che ce la faremo».

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