Il Prof si gioca la carta Olivero per fare breccia nell'elettorato di sinistra
Cominciacosì la lettera con la quale, ieri, Andrea Olivero ha ufficializzato le sue dimissioni da presidente delle Acli per prendere parte al progetto centrista che sosterrà Mario Monti candidato premier alle prossime elezioni. Una scelta nell'aria da giorni e che, tuttavia, testimonia l'improvvisa accelerazione data ieri dal premier al progetto centrista. Un progetto che, complice la partecipazione di Olivero e di Riccardi, presidente della Comunità di Sant'Egidio, avrà una fortissima matrice cattolica. Nel lasciare la guida delle Associazioni Cristiane dei lavoratori italiane, ruolo che lo impegnava dal 2006, Olivero ha citato il documento approvato all'unanimità dalla direzione nazionale dell'associazione: «L'amore per le Acli autonome, plurali e appassionate, come quelle che ho servito con dedizione in questi anni, mi spinge a rassegnare le mie dimissioni nella profonda convinzione di poterne sostenere i valori in nuovi ambiti di azione». Andrea Olivero, 42 anni, di Cuneo, dal 2008 è anche portavoce unico del Forum del Terzo Settore. Riforma del welfare, lotta alla povertà, cittadinanza agli immigrati, fisco e redditi delle famiglie, occupazione giovanile sono i temi che hanno caratterizzato la sua presidenza, oltre all'impegno per il protagonismo delle associazioni cattoliche e della società civile, che lo ha visto tra i promotori degli incontri di Todi e del movimento «Verso la Terza Repubblica». Il suo impegno diretto può rappresentare un perno importante su cui poggiare la penetrazione della lista Monti tra gli elettori di sinistra. Le Acli, infatti, rivestono da tempo il ruolo di ala «sociale» del movimento cattolico, anche in virtù di un rapporto fitto con i sindacati (nascono proprio per «formare solidamente nella dottrina sociale cristiana» i lavoratori cattolici iscritti alle varie siglie) e delle battaglie in difesa delle categorie più povere. Non a caso, nonostante il doppio filo che ha legato per decenni l'associazione alla Dc, nel corso della Prima Repubblica i vari presidenti l'hanno avvicinata talvolta alle posizioni del Partito Socialista. E non a caso Olivero si è definito un «estremista riformista» e, immaginando i futuri alleati, qualche giorno fa ha chiuso a Fini: «Appartiene a un'altra cultura politica rispetto alla nostra, difficile una convergenza tra noi e loro». Ma in politica mai dire mai.