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Sarà ancora Giorgio Napolitano a nominare, suo malgrado, il prossimo governo italiano.

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Èstato un discorso dai toni gonfi di dispiacere, e «rammarico» è una parola che ha fatto capolino in più di un passaggio: il presidente della Repubblica ha criticato la «legislatura perduta» - quella che poteva fare le riforme e non le ha fatte - prendendo atto che il suo progetto politico è andato in fumo nel momento in cui Mario Monti si è dimesso, e ha fatto sapere una volta di più che un settennato basta, e a lui non ne interessa un altro. Ma sopprattutto, di fronte alle alte cariche dello Stato che sono venute ad ascoltarlo nel Salone dei corazzieri per il consueto scambio di auguri natalizio, Napolitano ha avvertito: voglio una campagna elettorale che non azzeri, con le sue polemiche, il lavoro svolto finora e, alla fine, conferirò io l'incarico - mio malgrado - ma a quel punto lo farò sulla base dell'esito delle urne. Il Capo dello Stato aveva dato appuntamento a ieri pomeriggio da più di una settimana, da quando Monti gli aveva fatto sapere di sentirsi sfiduciato dal Popolo delle Libertà. «Parlerò allora», aveva detto, e arrivato all'appuntamento non ha certo rinunciato a compiere quell'operazione che qualche suo predecessore avrebbe definito come «togliersi i sassolini dalle scarpe». Innanzitutto, la legislatura non doveva finire in modo cosi' brusco. La cosa rende Napolitano «preoccupato e rammaricato» per la scelta del Pdl di astenersi nel voto al governo. Seguirà ora una campagna elettorale che difficilmente sarà all'insegna del fair-play. Quindi attenzione a «non bruciare la fiducia riconquistata dal Paese» con promesse che non possono essere mantenute. Si diano idee serie, si prospettino soluzioni praticabili. Infatti, se ci sarà bisogno di rilanciare la crescita, sarà anche impossibile distaccarsi dal rigore. E sia chiaro: in Europa «la posizione dell'Italia è segnata». Secondo punto: la legislatura che si è chiusa poteva presentare un bilancio molto migliore. Napolitano non usa la parola «fallimento», ma definisce il mandato parlamentare appena terminato una «legislatura perduta». Molto si poteva fare per rivedere la seconda parte della Costituzione, quasi nulla è arrivato in porto. Quanto poi alla legge elettorale, tornare fra tre mesi a votare con il vecchio Porcellum è addirittura «grave e imperdonabile». Una volta che le urne avranno dato il loro responso si aprirà una nuova fase. Ci sarà una «naturale riassunzione da parte delle forze politiche del proprio ruolo», e un Capo dello Stato che voleva chiudere prima del tempo naturale la sua esperienza al Quirinale dovrà conferire l'incarico al prossimo premier. «Lo faro' mio malgrado», ha ammesso Napolitano. E lo farà sulla base del responso delle urne. Un'affermazione logica, che trova la sua spiegazione anche nel fatto che durante i colloqui dei giorni scorsi sarebbe emersa da parte di Monti la naturale predisposizione più a un ruolo esecutivo che a un ruolo di rappresentanza istituzionale. E ieri il capo dello stato ha voluto far presente che il compito di incaricare il nuovo premier spetterà a lui ma che, diversamente da quanto avvenuto un anno fa, con il ritorno del ruolo della politica, si atterrà a quanto decideranno gli elettori, prendendo atto dell'esito del voto senza ulteriori valutazioni e interpretazioni. In questi giorni molto si è parlato, infine, di una scontentezza di Napolitano verso Monti. Niente di ufficiale trapela a riguardo, ma ieri al Quirinale, prima di voltarsi e stringergli la mano, Napolitano ha tenuto in attesa Monti per diversi minuti. Infine il Capo dello Stato ha voluto dedicare qualche frase anche al tema giustizia, invitando tutti i magistrati d'Italia, «da Palermo al nord», a proseguire con coraggio nel loro lavoro «nel rispetto della divisione dei ruoli». Un accenno alla questione intercettazioni che l'ha visto contrapposto alla procura siciliana.Lui. Fra.

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