L'amnistia senza Giustizia non serve
Conoscea menadito l'arte della politica e sa bene che comporta una dose massiccia di cinismo, cui non si sottrae. Sa, dunque, che la sua decisione può essere commentata sia come ricatto, come sceneggiata, che come ostinazione, prima o dopo, a incontrare la fine nel corso di una battaglia. Non solo l'ha messa nel conto, ma forse ci conta. Spero che non accada, ma non per altruismo, bensì per egoismo, giacché, in quel caso, resteremmo noi a morire di sete e di fame, non fisicamente e non per volontaria privazione, ma civilmente e per generale imposizione, che, oramai, la politica non ha più nulla di commestibile, né è più deglutibile. Accanto al cinismo, che lo rende imperturbabile innanzi al pericolo più immediato, Pannella incarna un disperato candore. I suoi scioperi si sommano nel tempo, tanto che taluni fanno confusione su quale sia la causa del giorno, la battaglia per la quale s'incammina ancora verso l'ipotetico non ritorno, ed è questa la cosa che mi colpisce di più: in un'Italia che ha cancellato la malagiustizia dall'agenda politica, che l'ha soppressa anche nella cronaca, con un mondo politico oramai appecoronato al più bieco giustizialismo, diffuso come sifilide fascistoide per ogni dove, fra i legittimi eredi del fascismo come fra gli eredi della sinistra comunista, che fuori dai confini del comunismo realizzato fu garantista, accompagnata, quella politica, da un giornalismo che ha traslocato nelle pagine nobili le mentalità ignobili del rotocalchismo da parrucchiere, nel mentre il Parlamento si occupa di giustizia solo per varare un immondo riordino dell'ordinamento forense, che chiameremmo controriforma se solo qualcuno si fosse prodotto in una riforma, negli stessi giorni in cui il centro destra attacca il governo Monti (un attimo prima di offrire a Mario Monti la guida del centro destra medesimo) perché non rispetta i patti sulla giustizia, intendendosi per tali non una radicale riforma che restituisca diritto all'Italia, ma una leggiucola che cambi, in modo inutile e sbagliato, le regole delle intercettazioni telefoniche, quando i magistrati che imbastiscono inchieste farlocche vanno a sostenere l'accusa presso la cassazione televisiva, in un'Italia in cui tutti si sono scordati che senza giustizia non c'è mercato, ma solo mercimonio, Pannella che fa? Prova a crepare per la sorte dei carcerati. Prova a far diventare pietra il proprio sangue e vetro il proprio piscio per denunciare il girone infernale delle carceri italiane, laddove la gran parte dei nostri concittadini sono pronti a rantolare sbavando che al Tizio o al Caio, nonché a tutta intera la classe dirigente, null'altro si può augurare se non la galera. Ovviamente senza processo e sulla base della sola accusa, perché questo è il grado d'inciviltà cui il popolo bue è stato condotto per mano, a cura di qualche vacca sacra, con o senza toga. Chiedo alla sorte un privilegio: scrivo la sera di lunedì e conto che la mattina di martedì possa giungere a Marco Pannella il mio dissenso: sono contrario all'amnistia. O, meglio, sono favorevole. Sappiamo tutti benissimo che solo l'amnistia potrà evitare il crollo definitivo della giustizia italiana, e chi lo nega non è neanche un ipocrita, ma un falso nel midollo. Ma l'amnistia dobbiamo farla per salvare una seria riforma dallo stramazzare sotto al peso di decenni senza diritto, senza diritti e senza giustizia. Non dobbiamo farla per far sfiatare la pentola a pressione carceraria. Anche Pannella sa bene che se ci limitassimo a quello non faremmo altro che rinviare il problema, inevitabilmente destinato a ripresentarsi tale e quale. E, del resto, ciò è esattamente quanto scrissi quando un Parlamento di bugiardi sostenne di varare l'indulto per rendere omaggio alle parole di un pontefice. Previsione azzeccata. E non ci voleva niente. L'amnistia è un provvedimento d'enorme ingiustizia, perché lascia senza giustizia i colpevoli come gli innocenti. È un prezzo altissimo, che può essere pagato solo innanzi a un valore più alto. Quindi dovremo pagarlo, per onorare il diritto e rimettere la giustizia in cammino. Non possiamo pagarlo lasciandola violentata e boccheggiante, preda delle bassezze corporative e in balia delle cordate corruttive. Chiedendo l'amnistia qui, ora e in queste condizioni Pannella sostiene quel che non condivido. Né mi fa cambiare opinione l'agitarsi della sua morte. E nel mentre lo scrivo, nel mentre spero che gli giunga il rispetto e l'ossequio di tale dissenso, penso alla disgraziata Italia in cui possiamo, anzi dobbiamo litigare fra noi, che della giustizia abbiamo un'idea la cui altezza la rende irraggiungibile dai tanti guitti che s'agitano per sé, con sé e per avere a sé. Non gli chiedo di smettere, perché tanto ha già deciso (qualsiasi cosa abbia deciso) e neanche Giove gli farebbe cambiare idea. Testone egocentrico ed esasperante. Guarda a cosa s'è ridotta la politica italiana e non gettare una perla nella palta.