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Da un lato c'è la ragion di Stato, dall'altra il legittimo orgoglio di chi, nel bene e nel male, ha tenuto tra le mani i fili del potere per quasi vent'anni.

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Quellache ai microfoni ribadisce la volontà di fare un passo indietro di fronte a una candidatura del Prof in grado di riunire i moderati. E quella che, da dentro, vorrebbe dare vita all'ennesimo coup de théatre per dare una lezione a chi lo considera già politicamente morto. Sono due anime condensate perfettamente in alcune dichiarazioni che il Cavaliere rilascia appene il vertice dei popolari europei è terminato: «Ritengo che con Monti alla guida di una coalizione che riunisca tutti i moderati e la Lega si potrebbe sconfiggere le elezioni. Ma non so se il Professore sarà disposto a diventare un uomo di parte, se non dovesse accettare noi non avremmo alcun rancore nei suoi confronti. Per capire quello che succederà bisogna aspettare e vedere. Di certo, se io fossi candidato premier, potre recuperare tutti i consensi del 2008». Per concludere con l'ormai classico «non ho ancora deciso se correre». È il solito refrain, il ritornello di un uomo che si trova all'improvviso a recitare il ruolo di comparsa dopo aver interpretato per anni quello di protagonista. La presenza di Monti al vertice lo ha spiazzato. Lo stesso premier ha raccontato come, durante il dibattito sull'Italia, il Cavaliere sia intervenuto per ben due volte. Quasi a rifiutare la trappola tesagli dai leader del Ppe, che con l'invito al Prof hanno tentato di «commissariarlo», di ridimensionare il suo ruolo nell'organizzazione. È per questo che, a riunione terminata, Berlusconi tenta subito di indorare i fatti: «Ma quale sfiduciato? - attacca - Io mi sono sentito coccolato, anzi, coccolatissimo». Eppure, nelle stesse stanze da cui è appena uscito si sono esplicitamente chiesti un suo passo indietro e la candidatura di Monti. Sembra che a esprimersi in questi termini sia stata anche la sua ormai «acerrima nemica» Angela Merkel. «Lo abbiamo chiesto tutti noi del Ppe - si difende il Cav - e il primo sono stato io, nonostante questo crei problemi con la Lega». «In realtà il Ppe è molto preoccupato da una possibile vittoria della sinistra in Italia», aggiunge, prima di concedersi un po' di sana rivalsa: «Che io sia importante lo sapete anche voi - dice di fronte ai cronisti - I giornali hanno titolato "Torna Berlusconi e trema l'Europa". Lasciatemi almeno avere l'orgoglio e l'ebbrezza di questa situazione». I motivi per cui l'Europa tremerebbe nell'ipotesi di un suo ritorno sono desumibili dalle dichiarazioni che rilascia successivamente, quando riprende ad attaccare con virulenza la moneta unica: «Se si va avanti così - spiega - nel giro di tre anni si rischia di tornare alla moneta nazionale. Io ho posto la questione in termini scientifici anche oggi (ieri, ndr) al summit». Se la Bce, avverte, non comincia a stampare moneta e ridurre il costo del denaro e gli squilibri tra gli Stati membri il rischio è uno solo: «Nel giro di 3 anni si arriverebbe alla necessità di tornare alla moneta nazionale per pagare meno il denaro, potendo tornare a stampare denaro. Il Giappone ha il 238 di debito pubblico, ma trova denaro all'1%. Non è una cosa mia contro la Germania o l'Europa ma una preoccupazione perchè ciò non accada». Gli stessi argomenti sono stati al centro di un siparietto che, si racconta, avrebbe avuto durante il vertice proprio con la Merkel. La Cancelliera lo avrebbe spronato, con una battuta, a non fare campagna elettorale sulla Germania. Lui avrebbe risposto che «non ce l'ho con l'euro o con Berlino, ma se la Bce non interviene la situazione rischia di precipitare». Una ricostruzione poi smentita dallo stesso Berlusconi, secondo il quale «con la Merkel ci siamo solo incrociati, c'è stato giusto il tempo per scambiarci un sorriso da lontano». Come che sia, i tempi dei «cucù» o delle corna durante le foto nei vertici internazionali sembrano irrimediabilmente lontani. E se ufficialmente nel Ppe nessuno prende posizioni durissime contro il Cavaliere, con Barroso che spiega solo di avergli ribadito a telefono la necessità di non cedere al populismo nel corso della campagna elettorale, ad affrontare di petto Berlusconi è Martin Schulz. Proprio lui, il socialista tedesco che anni fa Silvio suggerì per il ruolo di kapò nazista in un film, e che ora non rinuncia a quel piatto freddo che è la vendetta: «I mercati hanno tanta fiducia in Berlusconi quanta ne ho io o altri - spiega il presidente del Parlamento Ue - ma ai miei occhi, gli elettori risolveranno il problema e ciò è un bene anche per l'Europa». Colpito. E affondato? Quello col Cav non si può mai dire. Car. Sol.

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